Le cardiomiopatie sono condizioni considerate rare ma che nel loro insieme non lo sono affatto. Si calcola infatti che ne siano affetti la metà dei pazienti con scompenso cardiaco non legato a coronaropatia. Solo per la cardiomiopatia ipertrofica e quella dilatativa si stimano in Italia almeno duecentomila pazienti, in gran parte non diagnosticati o con diagnosi errate. «A questo dato, già rilevante, va sommata la prevalenza di forme come la cardiomiopatia aritmogena, che è più rara ma di grande impatto clinico come causa di morte improvvisa giovanile» spiega Iacopo Olivotto, responsabile del Centro di Riferimento per le Cardiomiopatie dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Careggi di Firenze, uno dei pochi in Italia e riconosciuto anche a livello internazionale. Il Centro fiorentino, con il Cardiovascular Genetics and Genomics Group del Royal Brompton Hospital di Londra, ha organizzato a Firenze il simposio dal titolo “Cardiomyopathies: a look at the future”, promosso dalla Fondazione Internazionale Menarini.
«L’esperienza dei centri nord-americani ed europei dimostra che l’apertura di centri dedicati alle cardiomiopatie determina un aumento della conoscenza e della sensibilità per tali patologie in tutta la zona di riferimento» prosegue Olivotto. «Questo consente di ridurre uno dei problemi legati a queste patologie, cioè il ritardo nella diagnosi. La malattia infatti viene spesso individuata tardivamente, dopo che il paziente ha consultato molti medici, ricevendo opinioni diverse e spesso discordanti, e non di rado un inquadramento non corretto e un trattamento inadeguato».
I pazienti affetti da cardiomiopatie hanno una ridotta aspettativa di vita per morte improvvisa o scompenso cardiaco, che si manifestano spesso in età giovanile. «Ridurre la morbilità per eventi cardiovascolari e la morte prematura, nonché migliorare la qualità di vita di questi pazienti sono obiettivi fondamentali per tutti gli operatori del Centro, diventato negli ultimi anni un punto di riferimento in Italia, con migliaia di pazienti seguiti, di cui circa la metà provenienti da fuori provincia o fuori regione» aggiunge Olivotto. «Per tali motivi l’istituzione di un Centro dedicato alle cardiomiopatie è estremamente rilevante e attuale. L’assistenza al paziente con queste condizioni richiede la strutturazione di un percorso realmente multidisciplinare, che oltre al cardiologi deve comprendere genetisti, elettrofisiologi, cardiochirurghi, emodinamisti, neurologi, pediatri».
La cardio-oncologia merita in questo panorama un posto del tutto speciale, come problema emergente di estrema rilevanza clinica ed epidemiologica. Si calcola che ormai oltre la metà dei pazienti con tumore sopravviva a tale patologia. Nei sopravvissuti, tuttavia, la causa più frequente di morte è rappresentata dalle patologie cardiovascolari, in gran parte imputabili alle conseguenze dirette della terapia oncologica (chemioterapia e radioterapia). «Nonostante una crescente attenzione al problema, che ha portato allo sviluppo di farmaci e protocolli meno cardiotonici, la mortalità correlata a problematiche cardio-oncologiche resta elevata» avverte Olivotto. «Secondo una stima approssimativa, ogni anno circa mille nuovi pazienti vengono trattati a Careggi con farmaci potenzialmente cardiotossici, andandosi a sommare alla considerevole popolazione già seguita dall’ospedale».
Quale sia la causa, comunque, proseguono gli studi per verificare l’efficacia di terapie in grado di contrastare i problemi provocati dalle cardiomiopatie e in particolare una delle principali alterazioni nelle cellule dei cuori malati. L’eccesso di una corrente di membrana, la corrente tardiva del sodio, che ha un ruolo fondamentale nella propagazione dell’attività elettrica nel muscolo cardiaco. Recenti evidenze indicano che la corrente tardiva del sodio sia aumentata nel miocardio patologico e che tale aumento abbia importanti conseguenze sulla stabilità elettrica, sulla funzione contrattile e sul metabolismo cellulare, che contribuiscono a condizionare l’evoluzione della malattia. Diversi studi dimostrano che un bloccante selettivo di questa particolare corrente, la ranolazina, è in grado di migliorare sensibilmente la funzione delle cellule malate, dallo studio Restyle, condotto proprio a Firenze, al più recente RHYME (Ranolazine for Treatment of Angina or Dyspnea in Hypertrophic Cardiomyopathy Patients). Lo studio, pubblicato sul Journal of the American College of Cardiology (68(16):1815-1817 October 2016 DOI: 10.1016/j.jacc.2016.07.758) ha confermato l’efficacia di ranolazina nel ridurre i sintomi provocati dalle cardiomiopatie e migliorare la qualità di vita dei pazienti.
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