Colpiscono il tumore liberando i freni che bloccano il sistema immunitario; i loro meccanismi d’azione innovativi permettono maggiori opportunità di combinazioni; hanno un profilo di sicurezza unico; promettono migliori risultati a lungo termine grazie alla “memoria immunologica” e alla conseguente adattabilità della terapia. Sono i “principi attivi” dell’immunoterapia, considerata ormai il quarto pilastro nel trattamento del cancro insieme a chemioterapia, chirurgia e radioterapia. Molecole innovative che stanno dimostrando di avere il potenziale per migliorare la sopravvivenza a lungo termine e l’esito clinico di diversi tumori maligni “difficili” come il melanoma e il tumore del polmone.
Un obiettivo fondamentale alla luce del fatto che, nonostante i progressi degli ultimi decenni, la mortalità per tumore resta elevata: nel 2011 in Italia si sono registrati circa 175.000 decessi (quasi 99.000 tra gli uomini e quasi 77.000 tra le donne), vale a dire circa 3 ogni 1.000 persone. Il potenziale di questi nuovi farmaci si scontra però con l’annoso problema dell’accesso e della sostenibilità per il Servizio Sanitario.
Il melanoma è il tumore che ha permesso di ottenere la maggior parte delle conoscenze attualmente disponibili sull’immunoterapia. L’elemento chiave è stata la scoperta dei checkpoint inhibitors, molecole chiave coinvolte nei meccanismi che permettono al tumore di evadere il controllo del sistema immunitario. Queste molecole possono diventare bersaglio di anticorpi monoclonali che inibendo i checkpoint riattivano la risposta immunitaria anti-tumorale.
Il 2011 segna il punto di partenza dell’immunoterapia nella pratica clinica con l’approvazione del primo anticorpo monoclonale (ipilimumab) diretto contro CTLA-4 (citotoxic T-lymphocyte-associated protein 4). A distanza di 4 anni sono stati sviluppati altri 4 diversi inibitori dei checkpoint immunitari, come pembrolizumab che sta dimostrando un’ampia azione in molteplici forme di tumore e che in particolare nel trattamento del melanoma, per il quale ha già ricevuto il via libera in Europa, è la prima e unica terapia anti-PD-1 ad offrire un beneficio – in termini di sopravvivenza – statisticamente superiore rispetto alla chemioterapia e a ipilimumab, l’attuale standard di cura per il melanoma avanzato.
Anche le aziende farmaceutiche, in prima linea nello sviluppo di questa nuova frontiera della lotta ai tumori, sollecitano nuove regole. «Siamo orgogliosi – dichiara Nicoletta Luppi, Presidente e Amministratore Delegato di MSD Italia – dei risultati ottenuti dai nostri laboratori di ricerca che hanno consentito di sviluppare un rivoluzionario paradigma di cura; una molecola “pembrolizumab” che riesce ad inibire specifici recettori in grado di combattere alcuni tumori umani fra cui il melanoma, migliorando la risposta autoimmune dell’organismo. Siamo pienamente consapevoli che l’innovazione farmacologica, soprattutto in ambito oncologico, comporti un problema di sostenibilità del Servizio Sanitario Nazionale. Per garantire l’accesso dei pazienti alle terapie innovative in ambito oncologico, riteniamo urgente ed imprescindibile l’adozione di una nuova governance del settore farmaceutico. In particolare, diverse sono le possibili e concrete soluzioni: dal superamento del tetto per la spesa farmaceutica ospedaliera (e la sua inclusione all’interno della spesa ospedaliera) alla creazione di un Fondo ad hoc alimentato anche con tasse di scopo».
Nel video:
- Walter Ricciardi
Presidente Istituto Superiore di Sanità- Paolo Marchetti
Direttore Oncologia Medica Ospedale Sant’Andrea Roma