Si respira male, si ha quasi sempre la tosse e spesso si va incontro a febbre, perché nei bronchi pieni di muco i batteri si sviluppano a grande velocità, dando luogo a infezioni ripetute. È la Broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO), sigla che individua due malattie molto diffuse soprattutto tra gli anziani: bronchite cronica ed enfisema polmonare. Però, anche se questi sono i sintomi, la BPCO non dovrebbe essere considerata soltanto come una patologia respiratoria. Diversi studi infatti segnalano la presenza di diverse malattie associate alla BPCO, tra cui ipertensione, diabete, scompenso cardiaco, aritmie. In più, le terapie contro la BPCO possono aumentare il rischio di malattie cardiovascolari, e viceversa farmaci per le patologie cardiocircolatorie possono avere effetti a livello respiratorio.
Di tutto questo ne hanno parlato i massimi esperti nazionali in malattie respiratorie e cardiovascolari, in occasione del convegno “The missing link between cardiovascular disease and COPD”, in programma dal 9 all’11 aprile all’Hotel San Donato Resort di Santi di Preturo (L’Aquila), organizzato dalla Divisione di Medicina Interna e Nefrologia dell’Università dell’Aquila e promosso dalla Fondazione Internazionale Menarini.
«La broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) è l’unica patologia cronica la cui prevalenza è in aumento in tutto il mondo. Attualmente è la quarta causa di morte a livello mondiale, e diventerà la terza causa di morte nell’arco di una decina di anni» spiega Claudio Ferri, Docente di Medicina Interna all’Università Degli Studi Dell’Aquila e presidente del convegno. «La BPCO rappresenta, al pari dello scompenso cardiaco, una classica patologia del paziente fragile, sovente anziano, portatore di più patologie croniche invalidanti, ed è fortemente associata con le patologie cardiovascolari: questa associazione è spiegata in parte dalla presenza di fattori di rischio in comune (specialmente il fumo di sigaretta), ma negli ultimi anni si è fatta strada l’ipotesi che la BPCO possa provocare uno stato infiammatorio sistemico e che sia questo fenomeno a determinare l’aumento del rischio di patologie car- diovascolari nei pazienti con questa patologia respiratoria. Dall’analisi globale di due grandi studi epidemiologici l’Atherosclerosis Risk in Communities (ARIC) Study ed il Cardiovascular Health Study (CHS) includenti più di 20.000 pazienti, è emerso che la prevalenza della patologia cardiovascolare tra i pazienti con BPCO è del 20-22%. La coesistenza delle due malattie è condizione di peggioramento della prognosi e ne aumenta il rischio di morte».
A spiegare il nesso fisiopatologico che lega la BPCO e le patologie cardiovascolari sarebbe la presenza di fattori di rischio comuni quali il fumo di sigaretta, la sedentarietà e la predisposizione genetica. «In tale contesto lo studio Evaluation of COPD Longitudinally to Identify Predictive Surrogate Endpoints (ECLIPSE) ha permesso non solo di evidenziare come il fumo di sigaretta sia un determinante cardine, insieme al genere femminile, nella progressione della malattia respiratoria, ma anche come svolga un ruolo cruciale nei confronti della presenza di patologia cardiovascolare nel paziente con BPCO» aggiunge Ferri.
Indubbiamente il fumo di sigaretta oltre all’azione diretta sul parenchima polmonare sarebbe in grado di promuovere uno stato di infiammazione cronica inducente stress ossidativo a livello bronchiale e vascolare, con riduzione della biodisponibilità di monossido d’azoto e disfunzione endoteliale aterogenetica ed alterazione in senso pro-trombotico del profilo emocoagulativo. «Oltre a questo, tuttavia, sembra che la BPCO sia associata per se a un incremento sia della prevalenza dei fattori di rischio cardiovascolare sia dell’incidenza di malattie cardiovascolari» prosegue Ferri. «Nella BPCO l’incremento del rischio di mortalità e morbilità cardiovascolari sembrerebbe indipendente dai classici fattori di rischio (fumo, età e sesso maschile), in quanto è stato osservato che, solo una modesta alterazione della funzione respiratoria determina un aumento fino al 30 per cento degli eventi cardiovascolari, in particolare per aritmie ventricolari. Per questi motivi la prevenzione del rischio cardiovascolare in pazienti con BPCO è necessaria per ridurre la mortalità e il peggioramento delle condizioni cardiache».
In più si fa strada l’ipotesi che il trattamento della comorbidità cardiovascolare possa migliorare la gestione e il decorso della BPCO medesima. In questo senso diversi farmaci contro le malattie cardiovascolari si sono rivelate efficaci. «Le statine, per esempio, si sono dimostrate in grado di prevenire lo sviluppo di enfisema polmonare indotto dal fumo, di rallentare significativamente il declino annuale della funzione respiratoria, nonché di ridurre l’incidenza della mortalità per BPCO. Anche gli ACE-inibitori e gli ARB presentano effetti protettivi a livello dell’apparato respiratorio. Per quanto concerne i beta bloccanti, il discorso è più complesso in quanto il loro impiego viene ancora troppo spesso incongruamente evitato a priori nel paziente cardiopatico con BPCO in ragione del timore che si verifichino delle ripercussioni negative sulla patologia respiratoria. Questa reticenza prescrittiva, tuttavia, non è affatto corroborata dai dati degli studi clinici che, per converso, ne hanno ampiamente dimostrato la sicurezza, la tollerabilità e l’efficacia in termini prognostici anche in presenza di patologia ostruttiva polmonare» conclude Ferri.