La stenosi aortica rappresenta la patologia valvolare cardiaca più frequente in Italia dopo i 60 anni. È causata da un malfunzionamento della valvola aortica che ostruisce il flusso di sangue dal ventricolo sinistro del cuore all’aorta. La malattia interessa un numero crescente di donne, tuttavia le donne affette da stenosi aortica arrivano più tardi alla diagnosi e ai trattamenti, in parte anche per le caratteristiche anatomiche della valvola e per la presenza di camere ventricolari di piccole dimensioni.
Una piccola grande rivoluzione verso un approccio di genere arriva dallo studio RHEIA che, per la prima volta, ha arruolato un campione di sole pazienti donne per valutare la strategia interventistica più vantaggiosa per il trattamento della stenosi aortica.
I risultati dello studio, presentati all’ultimo Congresso della Società Europea di Cardiologia, hanno dimostrato che esiste un intervento ‘a misura di donna’ per la sostituzione della valvola aortica: le pazienti sottoposte a procedura mininvasiva di impianto valvolare aortico transcatetere, anche nota con l’acronimo TAVI (Transcatheter Aortic Valve Implantation ), hanno avuto esiti significativamente migliori rispetto alle pazienti sottoposte a chirurgia tradizionale ‘a cuore aperto’ (SAVR – Sostituzione chirurgica della valvola aortica ). Un’ulteriore conferma della necessità di implementare strategie terapeutiche specifiche per il genere femminile.
I risultati mostrano che il ricorso alla TAVI in alternativa alla chirurgia tradizionale consente di ridurre di circa il 50% il rischio relativo di eventi sfavorevoli per la donna quali infarto, decesso o re-ospedalizzazione a un anno dall’intervento. Inoltre, la TAVI si associa a una minore durata della degenza ospedaliera e a un minore impatto sulla qualità di vita della donna, rappresentando l’intervento più efficace ed economicamente vantaggioso nelle pazienti donne over-70.
“Lo studio RHEIA ha evidenziato le grandi potenzialità della TAVI nel raggiungimento di migliori risultati clinici e nella riduzione della spesa sanitaria per il trattamento della stenosi aortica in termini di ricoveri e ri-ospedalizzazioni”, ha spiegato Cristina Aurigemma , Dipartimento Scienze Cardiovascolari – CUORE del Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS. “ Una terapia ‘cucita’ sulle specifiche esigenze del paziente rappresenta il futuro della medicina, inoltre il genere è una variabile fondamentale e non più trascurabile, soprattutto in ambito cardiovascolare”.
La stenosi aortica, nonostante sia la malattia valvolare più diffusa nelle donne tra i 70 e gli 80 anni, è ancora scarsamente riconosciuta, specie nelle fasi precoci.
“ In media le donne arrivano a una diagnosi più tardi rispetto agli uomini, e anche una volta ottenuta, vengono sotto-trattate nonostante la presenza di sintomi più gravi” , ha aggiunto Cristina Meneghin, Direttore della Comunicazione Scientifica – Fondazione Italiana per il Cuore. “ Queste critiche sono dovute a una sottorappresentazione di genere negli studi clinici che vengono disegnati senza tener conto dei fattori di rischio cardiovascolare sesso-specifici, ma anche ad una bassa percezione del rischio da parte delle donne stesse che lo sottostimano ampiamente. La grande rilevanza dello studio RHEIA è legata al fatto che per la prima volta sono state coinvolte solo pazienti appartenenti alla fascia di popolazione più a rischio, ovvero donne in post menopausa”.