Una nuova terapia migliora la qualità di vita dei pazienti con prurigo nodularis ed esofagite eosinofila 

In alcune persone le difese immunitarie possono agire anche in assenza di una vera e propria “minaccia”, danneggiando l’organismo stesso. Questa reazione immunitaria iperattiva è nota come infiammazione di tipo 2 ed è alla base di diverse patologie allergiche e infiammatorie.

«Si tratta di patologie apparentemente molto diverse tra loro, come asma, dermatite atopica, rinosinusite cronica con poliposi nasale, esofagite eosinofila e prurigo nodularis» spiega Stefano Del Giacco, Professore di Medicina Interna, Direttore della Scuola di Specializzazione in Allergologia e Immunologia Clinica, Università di Cagliari. «Grazie alla ricerca e alla conoscenza del fattore comune dietro queste patologie è oggi possibile agire sui meccanismi alla base dell’infiammazione, ottenendo un controllo a lungo termine, anziché agire sul sintomo della malattia».

La scoperta di un denominatore comune ha portato a terapie mirate ed efficaci anche per patologie poco conosciute, come la prurigo nodularis, una condizione cronica, estremamente pruriginosa, che si presenta tipicamente con la comparsa di noduli multipli, papule e placche, la cui diffusione e l’intensità del prurito risultano significativamente più gravi rispetto ad altre affezioni cutanee. 

«C’è molto di più dietro al prurito nella prurigo nodularis. Sebbene sia il sintomo predominante e causa della formazione delle lesioni cutanee caratteristiche di questa patologia, i pazienti affrontano anche sensazioni dolorose come bruciore, lesioni deturpanti e dolorose, che possono portare anche a disturbi mentali» avverte Laura Bonzano, Specialista in Allergologia e Immunologia Clinica, Arcispedale Santa Maria Nuova – AUSL Reggio Emilia.

L’innovazione terapeutica ha fatto un significativo passo avanti con l’introduzione di dupilumab, un anticorpo monoclonale, completamente umano, che ha dimostrato un notevole beneficio clinico a lungo termine su numerose patologie infiammatorie di tipo 2,  come l’esofagite eosinofila, una condizione cronica che colpisce principalmente l’esofago, causando difficoltà nella deglutizione, riduzione dell’appetito, vomito e dolori addominali.

«È importante sapere che, in assenza di terapie mirate o efficaci nel lungo periodo, i pazienti che soffrono di esofagite eosinofila spesso adottano meccanismi compensatori, come bere liquidi durante i pasti, modificare l’alimentazione, estendere gli orari dei pasti ed evitare certi tipi di cibo, oltre a comportamenti come masticare eccessivamente o nascondere le pillole» commenta Antonio Di Sabatino, Professore di Medicina Interna Policlinico San Matteo, e Direttore Scuola di Specializzazione in Medicina Interna, Università di Pavia. «Questi sono certamente importanti segnali d’allarme per riconoscere la patologia, ma influiscono anche sui tempi della diagnosi. Mettendoli in atto, i pazienti si autoconvincono di poter convivere con l’esofagite eosinofila e a volte ne minimizzano l’impatto, ritardando il confronto con uno specialista».

Nel video:

  • Laura BONZANO
    Specialista in Allergologia e Immunologia Clinica – Arcispedale Santa Maria Nuova – AUSL Reggio Emilia 
  • Antonio DI SABATINO
    Professore di Medicina Interna Policlinico San Matteo – Direttore Scuola di Specializzazione in Medicina Interna – Università di Pavia
  • Stefano DEL GIACCO
    Professore di Medicina Interna – Direttore della Scuola di Specializzazione in Allergologia e Immunologia Clinica – Università di Cagliari 
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