Il linfoma diffuso a grandi cellule B rappresenta una forma aggressiva e complessa di tumore del sangue, costituendo la variante più diffusa di linfoma non Hodgkin in Italia: una nuova diagnosi su tre di linfoma non-Hodgkin è un linfoma diffuso a grandi cellule B.
Le opzioni terapeutiche negli ultimi vent’anni hanno subito progressi limitati. Sebbene una percentuale considerevole di pazienti risponda positivamente al trattamento iniziale, quasi il 40% non mostra risposta o sperimenta una ricaduta.
Per questi motivi i medici oncologi accolgono positivamente l’approvazione da parte dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) di un nuovo farmaco, polatuzumab, che in combinazione con altre terapie (rituximab, ciclofosfamide, doxorubicina e prednisone – R-CHP) riduce il rischio di progressione della malattia, ricaduta o morte del 27% rispetto allo standard di cura.
«Oggi celebriamo un importante passo avanti nella lotta contro il linfoma diffuso a grandi cellule B» commenta Maurizio Martelli, ordinario e direttore UOC Ematologia Azienda Ospedaliera Universitaria Policlinico Umberto I Università ‘Sapienza’ Roma. «Dopo quasi vent’anni dall’introduzione di nuove opzioni terapeutiche, la decisione dell’AIFA apre le porte a una nuova era di trattamento per i pazienti di recente diagnosi. La combinazione di polatuzumab e R-CHP rappresenta una nuova risorsa che potrebbe significativamente migliorare gli esiti e portare benefici tangibili a coloro che affrontano questo tipo di linfoma aggressivo. Come comunità scientifica, riconosciamo l’importanza dell’innovazione terapeutica, offrendo così una nuova prospettiva e contribuendo a migliorare la cura e la qualità di vita di molti pazienti affetti da linfoma diffuso a grandi cellule B».
«Questa nuova terapia, arrivata dopo decenni di tentativi, aumenta le possibilità di guarigione dei pazienti con la prima linea di trattamento, riducendo quindi la necessità di dover ricorrere a terapie di seconda e di terza linea, spesso molto gravose e impegnative per i pazienti e per la sostenibilità del sistema sanitario» aggiunge Antonello Pinto, direttore medico dell’Istituto Nazionale Tumori, Fondazione ‘G. Pascale’, IRCCS di Napoli. «Si tratta di una modalità terapeutica che non soltanto riduce il rischio di recidiva, ma che contribuisce anche a preservare e migliorare la qualità della vita di coloro che affrontano questa difficile sfida. Questo risultato è frutto della ricerca e dell’impegno incessante nel campo dell’oncologia e ci sprona a continuare nella missione di fornire cure sempre più efficaci e offrire una speranza concreta per il futuro».