La Vitamina D ha la sua utilità per un’ampia fascia di popolazione per diversi e differenti motivi. Negarne l’efficacia, trasmettere messaggi confondenti rispetto alle evidenze che la medicina ha raccolto in questi anni non è un buon servizio che si rende né alla classe medica né ai pazienti.
“E’ per questo motivo che la sesta Consensus Internazionale sulla Vitamina D – dichiara il Professor Andrea Giustina, Professore Ordinario di Endocrinologia e Malattie del Metabolismo all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, Primario di Endocrinologia all’Ospedale San Raffaele e coordinatore scientifico della Consensus – concentra i lavori sulle risposte a tre domande fondamentali sulla Vitamina D: perché (darla)? Quando (darla)? Come (darla)? Sono queste le domande alle quali vogliamo dare risposta, ribadendo che la Vitamina D è un ormone, e, quindi, non un semplice integratore come tutte le altre vitamine e che deve quindi essere supplementato quando l’organismo non ne produce a sufficienza, secondo precise indicazioni e soglie, quali parametri da rispettare”.
Vitamina D: perché? Perché è utile ed efficace in diversi ambiti a partire dalla necessità di associazione di quest’ormone nelle terapie dell’osteoporosi per tenere sotto controllo il rischio di frattura. “Il punto di partenza – continua Giustina – è misurare la vitamina D, in particolare in paesi con una alta prevalenza di ipovitaminosi D, come l’Italia. Verificarne il livello nelle categorie dei soggetti a rischio, come ad esempio chi ha già una patologia come l’osteoporosi o il diabete, e personalizzare queste soglie rispetto allo stato di rischio osseo ed extra osseo dei pazienti. Per quanto riguarda la terapia, la nostra posizione, è che la supplementazione sia necessaria in tutti i pazienti che hanno una reale carenza. Questo approccio supera la posizione dell’editoriale del New England Journal of Medicine “VITAL Findings — A Decisive Verdict on Vitamin D Supplementation”, pubblicato in estate, che parte da presupposti non convincenti. Lo studio Vital somministra la Vitamina D alla popolazione generale in modo indiscriminato, senza prima selezionare i pazienti che realmente ne possono avere bisogno. Tanto rumore per nulla, perché è evidente, e lo sapevamo, che dare la Vitamina D a tutti non porta nessun beneficio. Dal punto di vista clinico e della necessaria prudenza di chi lavora nell’ambito della medicina, crediamo che l’editoriale in oggetto debba essere inteso come l’avvio di un dibattito e non come un “verdetto”. Gruppi di studio, società scientifiche ed autorità sanitarie saranno parti attive di questa discussione che, mi auguro, sarà prudente e razionale, senza semplificare necessariamente in Vitamina D: sì o no.”
Quale Vitamina D? Per fare chiarezza su quale tra le molecole di Vitamina D vada usata è necessario partire dalla fisiologia, perché è importante comprendere come molecole quali Colecalciferolo, Calcitriolo e Calcifediolo siano tutte forme di vitamina D che si trovano nell’organismo e nel sangue, con caratteristiche e destinazioni d’uso diverse. Se il Calcifediolo ed il Calcitriolo sono molecole utili in alcune particolari situazioni che riguardano popolazioni ristrette, quale ad esempio i pazienti con insufficienza epatica o renale, la Vitamina D per la popolazione generale è Colecalciferolo perché è la molecola sintetizzata dalla cute che viene esposta ai raggi solari. “Il problema – spiega Giustina – è legato proprio alla fisiologia ed è tutto riconducibile all’organismo. Cosa manca all’organismo? Nella maggior parte dei casi manca il Colecalciferolo, perché non viene prodotto dalla pelle. Il rischio di usare Vitamine D più attive come soprattutto il Calcitriolo, quando non è necessario, è quello di sovraccaricare l’organismo.”
Vitamina D e Covid-19. Su questo tema, molto rimane ancora da indagare e la letteratura scientifica, come sempre, procede per step, talvolta anche contradditori. Il punto di partenza, ormai condiviso, è che i pazienti colpiti dall’infezione da Covid-19 hanno una prevalenza elevatissima di bassa Vitamina D. Il nostro campo di ricerca è quindi focalizzato a capire se l’ipovitaminosi D sia un effetto del Covid-19 o se sia una precondizione che rende le persone più soggette ad essere colpite dall’infezione. La Vitamina D potrebbe avere un ruolo soprattutto in ambito di prevenzione del Covid-19, come recenti metanalisi rilevano per altre infezioni respiratorie, – afferma Giustina – mentre il suo impiego in ambito terapeutico in associazione ad antinfiammatori e antivirali è in fase di studio e con dati preliminari non univoci.”
Focus specialistici e linee guida Vitamina D per la chirurgia bariatrica. Tra gli argomenti di ambito specialistico, oggetto di lavoro degli esperti, si segnala la preparazione di linee guida, attese entro fine anno, dedicate alla supplementazione della Vitamina D in soggetti obesi o diabetici che si sottopongono ad interventi di chirurgia bariatrica. “Questo argomento – conclude Giustina – è importante sia perché ad oggi non esistono indicazioni scientifiche in merito sia perché gli interventi di chirurgia bariatrica antiobesità, sono progressivamente aumentati di numero negli ultimi anni.”