È decisamente pericoloso il legame tra bassi livelli di vitamina D e Covid-19. L’associazione era stata ipotizzata molto precocemente rispetto all’esplosione in Italia della pandemia, con una lettera pubblicata a marzo 2020 sul British Medical Journal. Il tema ritorna alla ribalta durante le giornate della 5° International Conference on Controversies in Vitamin D. “All’epoca la nostra lettera era il frutto di una riflessione personale, legata alla fascia di popolazione colpita: anziana e al fatto che nel nostro Paese particolarmente nelle regioni settentrionali dove il COVID-19 ha colpito più duramente e precocemente la carente di vitamina D è estremamente diffusa – spiega Andrea Giustina, Professore Ordinario di Endocrinologia e Malattie de Metabolismo all’Università Vita-Salute San Raffaele e Direttore della U.O. di Endocrinologia dell’IRCCS San Raffaele di Milano e coordinatore scientifico della Consensus – La riflessione si è poi rivelata corretta e oggi abbiamo chiare evidenze che la carenza di vitamina D nel sangue è tra i fattori coinvolti nell’incidenza e soprattutto nella severità del Covid-19, tanto che sono in corso un numero consistente di studi internazionali di approfondimento”.
Proprio per questo motivo all’associazione Vitamina D e Covid-19 è dedicata un’intera sessione del summit internazionale. Il punto di partenza degli esperti è la visione del Covid-19 come malattia multi-sistemica per arrivare a chiarire sia i meccanismi endocrinologici sia l’esistenza di un vero e proprio fenotipo osteo-metabolico del Covid-19. “Questo fenotipo, di cui abbiamo evidenza – chiarisce il Prof. Giustina – ha tre componenti riconoscibili: l’ipocalcemia, le fratture vertebrali e l’ipovitaminosi D”. Tra gli esperti che partecipano ai lavori della Consensus è importante ricordare la presenza di Hector DeLuca della University of Wisconsin-Madison. La sua attività è da sempre dedicata alla comprensione del metabolismo e del meccanismo d’azione della vitamina D: a lui si deve la storica scoperta del Calcitriolo, cioè della forma attiva della vitamina D.
Dal punto di vista epidemiologico, considerando i dati ISTAT, nel periodo tra febbraio e novembre 2020, si registrano 57.647 decessi avvenuti in persone positive al Covid-19. Analizzando il dato si può notare come la percentuale di soggetti in età inferiore ai 50 anni si attesta attorno all’ 1% per entrambi i generi, mentre la classe degli over 80 risulta quella con la più alta percentuale di decessi per Covid-19 (il 60% dei decessi complessivi). “Sono dati che sottolineano ancora una volta l’importanza di alzare la guardia e approfittare della campagna vaccinale, ora che ci avviciniamo alla terza dose, per affrontare l’annosa problematica della carenza di vitamina D negli anziani nel nostro Paese – chiarisce il professor Giustina – Per questo, nel corso del nostro confronto riprendiamo il tema tradizionale della carenza di vitamina D nell’anziano, di quanto impatti sulla sua salute scheletrica e sulla struttura muscolare, con un aumento del rischio di cadute e quindi di fratture”. Il Covid-19 non colpisce però solo gli anziani, ma anche i più giovani. E anche qui, gioca un ruolo la carenza di Vitamina D. “Una fonte di vitamina D anche se non prevalente è anche l’alimentazione – spiega il professor Giustina – Va da sé che in caso di malassorbimento, abbiamo un fattore negativo in più che aggrava una eventuale situazione di ipovitaminosi D. Per questo, abbiamo voluto focalizzarci nel Summit di Stresa anche sulle malattie gastrointestinali, quali le malattie infiammatorie croniche e la celiachia”.
Un focus in particolare è dedicato alla chirurgia bariatrica. E inevitabilmente torna a far sentire la sua presenza la malattia da Covid-19. “Obesità e diabete sono le due patologie che sono state maggiormente evidenziate nei pazienti ospedalizzati a causa del Covid-19 – conclude il professor Giustina – “L’anello di congiunzione tra queste malattie e il rischio di una forma di Covid-19 più grave potrebbe essere proprio la carenza di Vitamina D. La chirurgia bariatrica che viene utilizzata per contrastare diabete e obesità, crea una situazione di malassorbimento che peggiora ancora di più un problema di carenza di ipovitaminosi D pre-esistente”.
La 5° Consensus sulla Vitamina D si chiude con una sessione specialistica sui limiti e le proposte di revisione delle Linee Guida attuali e sulle misure più efficaci e sostenibili di prevenzione e contrasto della carenza di vitamina D soprattutto in quei Paesi come l’Italia che al contrario dei Paesi Scandinavi non fortificano i cibi con la vitamina D e in cui l’ipovitaminosi D quindi è così largamente diffusa rispetto al Nord Europa (paradosso scandinavo).