Con il Covid abbiamo capito lo stretto rapporto tra salute umana e animale

A distanza di più di un anno le cause della pandemia da Covid-19 sembrano non ancora del tutto chiare, mentre pare sempre più evidente che la crescente simbiosi tra uomo e animali sia stata uno dei fattori scatenanti. È ciò che in gergo tecnico è definito “zoonosi” ovvero quell’insieme di malattie che si trasmettono direttamente dagli animali all’uomo e viceversa; più frequenti proprio quando la coabitazione è più assidua. Un termine questo che però sembra ancora sconosciuto per la maggior parte degli italiani: 8 su 10 dichiarano di non averlo mai sentito utilizzare e il 56% ammette di non saperne dare definizione.

Di fatto gli italiani sembrano non saperne ancora abbastanza in fatto di zoonosi e One Health, probabile causa e possibile risoluzione di future pandemie. A fare il punto su questi temi sono i risultati di un sondaggio condotto da SWG e presentato oggi nel corso di un webinar promosso da Federchimica AISA, Associazione Nazionale Imprese Salute Animale, a cui han partecipato la Prof.ssa Ilaria Capua, Direttore centro di eccellenza One Health, Università della Florida.

Stando agli ultimi studi però è proprio una zoonosi l’origine della pandemia da Covid-19. Una mancanza di chiarezza questa che viene rilevata dal sondaggio anche quando si parla del concetto più ampio e oggi più che mai attuale di One Health, sconosciuto per oltre l’80% degli intervistati.

“Il concetto di One Health è in espansione sia per quanto riguarda i contenuti sia per quanto riguarda le nuove metodologie e l’approccio – dichiara la Prof.ssa Ilaria Capua, Direttore centro di eccellenza One Health, Università della Florida – per tradurlo concretamente bisogna che se ne approprino sia le persone sia le istituzioni. È necessario che diventi un concetto dinamico nel quale i singoli attori possano recuperare centralità di azione e diventare protagonisti, non comparse. Questo è il fondamento di Salute Circolare”.

Nonostante la scarsa conoscenza dei termini, l’85% degli italiani sembra però d’accordo sul fatto che la salute umana, la salute animale e quella dell’ecosistema siano interconnesse.

Una certezza che porta inevitabilmente a porci domande sulle azioni che possiamo mettere in pratica per preservare questo fragile equilibrio: oltre il 60% degli italiani dichiara che per tutelare la salute dell’uomo sia fondamentale assicurarsi che in buona salute sia anche l’ambiente che ci circonda, il 72% infatti sottolinea come la tutela dell’ambiente e della biodiversità (68%) siano fattori chiave di una partita ormai non più rinviabile. Anche la lotta ai cambiamenti climatici risulta tra le necessità da affrontare, sono infatti il 67% gli intervistati che ne sottolineano l’urgenza. Spazio poi anche alla salute degli animali, che siano da compagnia, selvatici o da allevamento, la preoccupazione per il loro benessere è alta e percepita dal 62% degli italiani come da “molto” a “fondamentale” strumento per assicurare anche all’uomo una vita in salute.

Le incertezze spariscono anche quando si parla di possibili future pandemie. L’emergenza che ancora stiamo affrontando non sarà unica e irripetibile per l’80% degli intervistati secondo i quali il rischio sarà molto alto anche nei prossimi anni.

Quando parliamo però dei fattori che possono aver influito sul diffondersi della pandemia, e che quindi dovremmo tenere sotto controllo, le idee si fanno meno chiare. Il 42% dichiara che uno scarso controllo sanitario sugli allevamenti e una sempre maggiore commistione tra animali e uomo abbia pesato “abbastanza” sul diffondersi della pandemia, stessa risposta quando viene chiesto di esprimersi sul ruolo dell’inquinamento atmosferico (40%), riduzione della biodiversità (43%), eccesso nell’utilizzo di antibiotici nell’uomo e negli animali (37%). Una risposta “abbastanza” per così dire di difesa, non abbiamo ancora chiaro che cosa abbia scatenato la pandemia e tendiamo a non escludere nessuna ipotesi.

Certezze che da poche diventano molte invece quando agli italiani viene chiesto di provare a ipotizzare quali possano essere gli interventi più urgenti da mettere in atto a livello istituzionale. Il 92% concorda sul bisogno di investire nella riduzione dell’inquinamento, così come nel mettere in atto pratiche significative per il miglioramento della qualità di vita degli animali allevati (92%); alte anche le percentuali di chi ritiene fondamentale intervenire a tutela della biodiversità (91%) e infine sulla necessità di migliorare la capacità di cura degli animali, da allevamento e domestici, sviluppando nuovi medicinali veterinari (88%).

“L’emergenza sanitaria in corso sta rendendo tutti più consapevoli di quanto la salute umana sia  interconnessa con quella animale e del pianeta in cui viviamo. Un concetto, quello di One Health, che non può realizzarsi senza crescenti e continui investimenti in ricerca e innovazione, da cui la richiesta che la medicina veterinaria sia parte a pieno titolo del piano di resilienza istituzionale. Una Sola Salute presuppone anche una collaborazione e un dialogo trasparente e aperto tra istituzione pubblica e interesse privato. La sfida maggiore è quella di riconquistare la fiducia dei cittadini” conclude Arianna Bolla, Presidente di Federchimica AISA “A mio avviso, una maggiore trasparenza, un più proficuo confronto e una informazione consapevole e responsabile, sono tutti aspetti oggi più che mai prioritari e chiave per intraprendere percorsi coerenti e sostenibili.”

Nel video:

Ilaria CAPUA
Direttore Centro di eccellenza One Health, Università della Florida, Stati Uniti

Arianna BOLLA
Presidente di Federchimica AISA – Associazione Nazionale Imprese Salute Animale

Total
1
Condivisioni
Articolo Precedente

25 anni di risparmio per il sistema sanitario nazionale grazie ai farmaci generici: oltre 5 miliardi solo nel 2020

Articolo Successivo

I single hanno un rischi maggiore di morire per un tumore

Articoli correlati