Siamo ormai nel pieno della terza ondata della pandemia. Le relative misure restrittive, il protrarsi delle chiusure, le interruzioni nella campagna vaccinale e la mancanza di vita sociale e di svaghi portano un ulteriore aumento delle tensioni in ciascun individuo, anche a livello inconscio. Questo aumento di ansia viene somatizzato in vari modi. Tra quelli meno evidenti, ma dalle molteplici conseguenze, vi è la crescita della tensione dell’articolazione temporo-mandibolare, che provoca dolori a livello oro-facciale, temporale e cervicale. Su questo argomento è in uscita una ricerca scientifica prodotta dalla scuola di Gnatologia della Sapienza di Roma del Prof. Carlo Di Paolo, Presidente dell’AIGeDO, l’Associazione Italiana Gnatologia e Dolore Oro-facciale.
“Lo stress provocato, anche inconsciamente, dalla pandemia, costruisce uno stato di difesa del nostro organismo che aumenta le tensioni muscolari che servono abitualmente a prepararci a un attacco – sottolinea il prof. Piero Cascone, primario di chirurgia maxillofacciale del Policlinico Umberto I – Questa reazione fisiologica dell’organismo provoca un aumento delle problematiche articolari, con dolore temporale e cervicale. Questi dolori articolari alla zona temporo-mandibolare sono apparentemente banali, ma si manifestano in maniera acuta nella trasmissione a livello muscolare. La nostra categoria di chirurghi maxillo-facciali sta rilevando la crescita di questo fenomeno. Il nostro lavoro resta comunque frutto di un approccio multidisciplinare, in collaborazione con gli otorino laringoiatri, i fisioterapisti, e naturalmente i dentisti, in particolare gli gnatologi, ossia gli odontoiatri specialisti del complesso cranio-cervico-mandibolare, con cui lavoriamo a stretto contatto”.
“In ambito muscolo-scheletrico, dopo i dolori lombari, i disordini temporo-mandibolari rappresentano la seconda causa di dolore muscolo-scheletrico che colpisce gli italiani – evidenzia il Prof. Carlo Di Paolo, Presidente AIGeDO e Professore Associato Università “La Sapienza” di Roma – Le percentuali sono in costante aumento e si stima che circa il 10% della popolazione adulta presenti un dolore in quest’area. Questi disturbi amplificano altri problemi come cefalea, mal di collo o altri dolori muscolo-scheletrici, provocando gravi sofferenze nei pazienti. Per questo si deve intervenire in maniera precoce e risolutiva. Sono colpite trasversalmente tutte le età ed è interessata prevalentemente la popolazione femminile. Anche i bambini e gli adolescenti sono coinvolti, anche se per loro la sintomatologia non sempre viene evidenziata precocemente perché presentano maggiori difficoltà nella diagnosi. Questi dolori causano disagi in ambito sociale e nell’attività scolastica e lavorativa, viste le difficoltà che si provano a parlare, masticare, deglutire, sorridere”.
Al tema dei disturbi temporo-mandibolari e alle possibili soluzioni è dedicato il webinar dell’Associazione Italiana Gnatologia e Dolore Oro-facciale “Terapia Chirurgica dell’Articolazione Temporo-Mandibolare e Artrocentesi” che si è tenuta lunedì 22 Marzo con la relazione del Prof. Cascone. È uno dei tanti appuntamenti di formazione e approfondimento promossi dalla AIGeDO – Associazione Italiana Gnatologia e Dolore Oro-Facciale attraverso interventi e contributi che vertono sulla classificazione e sulle diagnosi delle patologie chirurgiche dell’articolazione temporo-mandibolare. Questi disturbi rappresentano un gruppo di condizioni muscolo-scheletriche e neuromuscolari che coinvolgono l’articolazione temporo-mandibolare, ossia i muscoli masticatori e tutte le strutture associate.
Solitamente si manifestano con dolori che colpiscono la mandibola, il viso, il collo, e sono spesso accompagnati da mal di testa o dolore all’orecchio. Si va da forme più leggere, come il clic dell’articolazione, a forme più complesse, quando non si riesce ad aprire la bocca, a quelle ancora più gravi, quando all’interno dell’articolazione ci sono delle patologie neoplastiche. I sintomi che devono destare l’allarme sono rumori all’articolazione o limitazioni nell’apertura della bocca. Talvolta non si riesce a individuare rapidamente la causa, ma una diagnosi tempestiva permette di guarire da questa patologia. La prima figura che può riconoscerne la presenza è quella del dentista e in particolare dello gnatologo. Tuttavia, non sempre con i bite o altri interventi odontoiatrici sono sufficienti.
“L’approccio a questo tipo di problemi deve essere necessariamente multidisciplinare a partire dalla diagnosi e dalla valutazione di ogni singolo sintomo come il dolore e l’impedimento funzionale nei movimenti della bocca – evidenzia il Prof. Carlo Di Paolo – Queste valutazioni permettono allo specialista odontoiatra di orientarsi su un intervento conservativo o chirurgico. Negli Stati Uniti in questo ambito sono investiti ogni anno oltre 4 miliardi di dollari per rispondere ai due terzi dei pazienti: dati che permettono di comprendere l’impegno necessario. Per risolvere al 100% tutte le problematiche si deve far ricorso anche alla chirurgia, che è un’attività integrativa a quella riabilitativa”.
“Per aprire e chiudere la bocca ogni individuo attiva molte strutture quali ad esempio la mandibola, le articolazioni, i denti, i muscoli e la giunzione cranio-vertebrale – spiega il Prof. Cascone – Il nostro organismo sopperisce automaticamente a eventuali disfunzioni: se una di queste strutture non funziona, le altre si adattano e compensano. Se però la capacità di compensazione viene meno si favoriscono le patologie articolari, da cui si innescano varie disfunzioni, dalla mandibola che va in una posizione errata alla comparsa di cefalee irrisolvibili. L’intervento chirurgico si rende necessario quando esiste all’interno dell’articolazione temporo-mandibolare un danno strutturale che produca impedimenti biomeccanici e dolore localizzato sia all’articolazione temporo-mandibolare che riferito a livello cervico-brachiale. L’intervento consiste essenzialmente nel recuperare le strutture articolari rovinate riposizionando il disco articolare e ricostruendo i legamenti e, come in ortopedia, si associano artroscopia e lavaggi articolari. Queste procedure sono molto simili agli interventi sul ginocchio effettuati dagli ortopedici anche se le strutture dell’articolazione temporo-mandibolare sono molto più piccole”.