Differenze tra uomo e donna nell’affrontare l’obesità, tendenza a sottovalutare la malattia, impatto più grave sulla salute fisica e mentale se la lotta al peso inizia in giovane età, sono le principali barriere alla cura dell’obesità emerse dai nuovi dati dello studio internazionale ACTION IO (Awareness, Care, and Treatment In Obesity MaNagement – an International Observation), presentato il 4 settembre da Novo Nordisk all’European and International Congress on Obesity (ECO-ICO) 2020.
L’obiettivo dello studio ACTION-IO, che ha coinvolto 11 paesi in cinque continenti, oltre 14.500 persone con obesità e quasi 2.800 operatori sanitari, è stato quello di identificare le percezioni, le attitudini, i comportamenti e gli ostacoli per la cura dell’obesità e capire in che modo questi fattori influenzino la gestione dell’obesità. Il triplicarsi dei tassi di obesità in tutto il mondo dal 1975 ad oggi e più recentemente la pandemia COVID-19, che ha fatto emergere importanti lacune nella cura della malattia, evidenziano come sia fondamentale una migliore comprensione di questi fenomeni.
I nuovi dati, mostrano che esistono differenze significative tra uomini e donne per quanto riguarda il modo e le motivazioni con cui si affrontano il peso e la gestione dell’obesità, evidenziando quanto sia importante adattare i trattamenti ai bisogni e ai comportamenti individuali per la migliore cura della malattia. In particolare, tra le persone con obesità, gli uomini hanno maggiori probabilità di segnalare complicanze cardio-metaboliche (10 per cento vs 4 per cento), mentre le donne hanno il doppio delle probabilità di segnalare ansia o depressione (28 per cento vs 14 per cento). Le donne sono più propense a fare diversi tentativi per perdere peso (4,6 di media vs 3,1) e a sottoporsi al trattamento farmacologico o a quello chirurgico, anche se il 75 per cento riacquista peso dopo 6 mesi, rispetto ad oltre la metà degli uomini.
Dalla survey è emerso che molte persone con obesità sottovalutano la gravità della loro malattia, per questo tendono a non cercare l’aiuto di cui hanno bisogno per perdere peso in maniera efficace o per la cura di complicazioni legate alla malattia. Infatti, il peso è stato sottostimato in tutte le classi di obesità e un quarto delle persone con obesità di classe III e il 62 per cento con obesità di classe I, si sono classificati semplicemente come “sovrappeso”.
Infine, lo studio ha dimostrato l’urgenza di un intervento precoce: problemi di peso in giovane età (<20 anni) sono associati a una malattia più grave e rassegnazione. Il gruppo più giovane ha visto infatti una percentuale maggiore di obesità di classe II (23 per cento vs 16 per cento) e di classe III (18 per cento vs 11 per cento), rispetto a coloro che non hanno sviluppato obesità ad esordio precoce. Inoltre, quasi la metà delle persone con obesità a esordio precoce sentiva di non essere in grado di superare i problemi di peso e due quinti (40 per cento vs 32 per cento) hanno riferito che il peso controlla la loro vita.
“La recente pandemia di COVID-19 ci ha mostrato quanto sia essenziale che l’obesità sia riconosciuta pienamente come malattia. I risultati dello studio ACTION IO evidenziano che l’obesità è sottovalutata, con percezioni errate profondamente radicate nella società e nella comunità medica”, ha commentato Paolo Sbraccia, Vice Presidente IBDO Foundation e Professore Ordinario di Medicina Interna dell’Università di Roma “Tor Vergata”, uno degli autori dello studio. “In particolare, le persone che sono gravemente obese, il 13 per cento di quelle coinvolte nello studio, si considera normopeso. Una persona con obesità che non si considera obesa non cercherà mai aiuto. È, quindi, fondamentale che il sistema sanitario individui queste persone e faccia loro capire che l’obesità è una malattia, che va riconosciuta come tale e curata”.
Sebbene l’obesità sia sempre più spesso considerata una malattia cronica, non sempre ne è percepita la gravità da parte sia dei sanitari sia delle persone con obesità. Questo rappresenta un ostacolo nella definizione delle priorità nella gestione dell’obesità e nell’aiutare le persone che convivono con questa malattia. “Sono oltre vent’anni che la comunità scientifica sottolinea i pericoli per la salute derivanti dall’obesità, una malattia che riguarda il 20 e rispettivamente 23 per cento dei maschi e delle femmine in Europa, che causa nel vecchio continente 337mila decessi ogni anno e costa 70 miliardi di euro, che, infine, potrebbe raggiungere entro il 2030 la drammatica soglia del 50 per cento della popolazione europea”, sottolinea Luca Busetto, Co-chair Obesity Management Task Force di EASO (European Association for the Study of Obesity), anche lui co-autore dello studio.
“Novo Nordisk si impegna a comprendere e far conoscere le principali barriere che le persone con obesità affrontano quotidianamente e a identificare opportunità per iniziative di collaborazione che migliorino la cura e l’assistenza per le persone con obesità”, ha osservato Nick Finer, Senior Principal Clinical Scientist, Global Medical Affairs Management di Novo Nordisk. “Ci auguriamo che, evidenziando le percezioni errate che ruotano attorno all’obesità, i risultati di ACTION IO consentiranno alle persone con obesità e ai professionisti della salute di intrattenere un dialogo onesto, affrontando le sfide della gestione del peso e migliorando la cura dell’obesità in generale”.