Il difficile calcolo dell’immunità di gregge

Se è vero che la pandemia di COVID-19 ha ancora molti aspetti ignoti, sappiamo però come è probabile che andrà a finire: la pandemia si esaurirà quando la diffusione del virus inizierà a rallentare (e poi si fermerà del tutto) perché abbastanza persone avranno sviluppato l’immunità alla malattia. A quel punto, o grazie a un vaccino oppure perché abbastanza persone saranno state contagiate, la popolazione avrà sviluppato “l’immunità di gregge“.

“Quando il livello di immunità supererà una certa soglia, l’epidemia inizierà a spegnersi, perché non ci saranno abbastanza nuove persone da infettare”, spiega Natalie Dean dell’Università della Florida.

Determinare quale sia quella soglia per COVID-19 è cruciale, ma ci sono tante variabili coinvolte nel calcolare in modo preciso quanta parte della popolazione debba essere immune perché l’immunità di gregge sia efficace e protegga le persone che non lo sono.

A prima vista le cose sembrano piuttosto semplici. L’unica cosa che serve sapere è quante persone vengano contagiate, in media, da ogni persona infetta. Questo valore si chiama R0. Conoscendo questo valore, lo si può inserire in una semplice formula per calcolare la soglia per l’immunità di gregge: 1 − 1/R0.

Poniamo che l’R0 di COVID-19 sia di 2,5, il che significa che in media ogni persona contagiata ne infetta altre due e mezza (una stima accettata dai più). In quel caso, la soglia per l’immunità di gregge per COVID-19 sarà di 0,6, cioè del 60 per cento. Ciò significa che il virus continuerà a diffondersi sempre più velocemente finché in media, tra posti diversi, il 60 per cento della popolazione non sarà diventato immune.

A quel punto il virus continuerà a diffondersi, ma a una velocità sempre più bassa, fino a fermarsi del tutto. Come una macchina non si ferma appena si toglie il piede dall’acceleratore, così il virus non sparisce nel momento in cui si raggiunge l’immunità di gregge.

“Si potrebbe immaginare che, quando il 60 per cento della popolazione è stato infettato, il numero dei contagi inizi a scendere. Però mentre l’epidemia inizia a spegnersi potrebbe rimanere infettato un altro 20 per cento”, afferma Joel Miller della La Trobe University in Australia.

Quel 60 per cento è anche la soglia oltre la quale eventuali nuovi focolai del virus (per esempio introdotti da un passeggero infetto che sbarca da una nave da crociera in un porto che ha raggiunto l’immunità di gregge) si consumano in fretta. “Non significa che sia impossibile appiccare un incendio, ma che il focolaio si spegne subito”, spiega Kate Langwig del Virginia Polytechnic Institute and State University.

Ma le cose si complicano ben presto. La soglia per l’immunità di gregge dipende da quante persone vengono effettivamente contagiate da ogni persona infetta, un numero che può variare da luogo a luogo. In media, un individuo infetto in un edificio residenziale può contagiare molte più persone che in un contesto rurale. Di conseguenza, anche se un R0 di 2,5 per COVID-19 è un valore ragionevole a livello mondiale, è quasi sicuro che varierà in modo considerevole a livello più locale, con un valore medio molto più alto in alcuni luoghi e più basso in altri. Ciò significa che anche la soglia per l’immunità di gregge sarà più alta del 60 per cento in alcuni luoghi e più bassa in altri.

“Ritengo che l’intervallo di valori per R0 coerente con i dati di COVID-19 sia più ampio di quanto pensi la maggior parte della gente”, sostiene Marc Lipsitch della Harvard University, consulente di istituzioni sanitarie in Massachusetts e altrove. Lipsitch cita dati secondo i quali in alcuni centri urbani il valore potrebbe essere più del doppio rispetto alla media statunitense.
E proprio come R0 si rivela una variabile e non un numero fisso, così varia anche il modo in cui le persone acquisiscono l’immunità, con implicazioni di rilievo nel calcolare la soglia per l’immunità di gregge.

Di solito i ricercatori pensano all’immunità di gregge solo nel contesto delle campagne di vaccinazione, molte delle quali presumono che tutti abbiano la stessa probabilità di contrarre e diffondere una malattia. Ma con una malattia che si diffonde per via naturale le cose non stanno per forza così. Differenze nei comportamenti sociali portano alcune persone a essere più esposte di altre. Anche le differenze biologiche tra gli individui contribuiscono a determinare quanto sia probabile il contagio di ciascuno.

“Nasciamo diversi, e le differenze si accumulano quando viviamo esperienze diverse”, spiega Gabriela Gomes dell’Università di Strathclyde in Scozia. “Ciò influisce sul modo in cui gli individui riescono a combattere un virus.”

L’epidemiologia parla di “suscettibilità eterogenea” in riferimento a queste differenze che portano alcune persone ad avere una probabilità di essere contagiate maggiore o minore rispetto ad altre. Ma questo è un livello di dettaglio eccessivo per le campagne di vaccinazione. “Di solito i vaccini non sono distribuiti nella popolazione in base a quanti contatti ha una singola persona o a quanto è suscettibile, perché sono cose che non conosciamo”, afferma Virginia Pitzer della Yale School of Public Health. Le autorità sanitarie usano invece un’impostazione massimalista e in pratica vaccinano tutti.

Tuttavia, nel caso di una pandemia in corso per la quale non ci sono garanzie che sarà presto pronto un vaccino, la suscettibilità eterogenea ha implicazioni concrete sulla soglia per l’immunità di gregge.

In alcuni casi significa che la soglia sarà più alta. Ciò potrebbe verificarsi per posti come le case di riposo, dove in media una persona può essere più suscettibile a COVID-19 rispetto a quanto avviene in media nella popolazione in generale. Tuttavia, su scala più ampia di solito la suscettibilità eterogenea abbassa la soglia per l’immunità di gregge. Il virus all’inizio infetta le persone più suscettibili e si diffonde rapidamente, ma poi per continuare nella sua corsa deve passare a persone meno suscettibili. Ciò rende la diffusione più difficile, perciò l’epidemia si diffonde più lentamente di quanto si fosse previsto guardando il tasso di crescita iniziale.

“È probabile che il paziente zero infetti prima di tutto le persone più suscettibili, lasciando quelle meno suscettibili per la seconda metà dell’epidemia: ciò significa che forse l’infezione si potrebbe eliminare prima di quanto ci si aspetti”, afferma Lipsitch.

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