Paura del contagio: triplicata la mortalità per infarto

L’epidemia di Sars-Cov2 in Italia ha lasciato dietro di sé importanti ripercussioni sulla salute cardiovascolare e sulla sopravvivenza della popolazione, non solo per effetto diretto del virus, ma anche perché la paura di contrarre la malattia ha tenuto molte persone lontano dagli ospedali, anche in caso di emergenza. «Si tratta di una situazione che ha riguardato tutto il Paese, purtroppo indipendente dal grado di diffusione del coronavirus e che si è manifestata sia nelle Regioni che più hanno sofferto il Covid-19, sia in quelle come la nostra, che fortunatamente hanno subito un impatto dell’epidemia significativamente inferiore – spiega Paolo Golino, Professore Ordinario di Cardiologia all’Università della Campania “Luigi Vanvitelli”. Mi riferisco, in particolare all’aumento della mortalità per infarto, che secondo i dati della Società italiana di cardiologia è triplicata in questo periodo, proprio a causa della paura del contagio che ha portato a una riduzione dei ricoveri – registrata in modo omogeneo in tutto il Paese: Nord e Sud 52,1 per cento e 59,3 per cento al Centro – e al ritardo nelle cure, tanto in caso di emergenza, come un infarto che deve essere affrontato entro tempi che si misurano in minuti, quanto per ciò che riguarda gli interventi programmati come quelli per risolvere le malattie valvolari cardiache con la sostituzione di una valvola.»

«La questione è seria – prosegue Golino – infatti la stenosi aortica è una malattia cronica evolutiva, che può portare progressivamente e rapidamente allo sviluppo di insufficienza cardiaca: dalla comparsa dei sintomi, la prognosi è mediamente di 2-3 anni. In Italia, ne soffrono circa 200 mila persone oltre i 75 anni, quasi 20 mila delle quali in Campania, mentre sono più di 100 mila nel Paese, e circa 10 mila in Regione, quelle colpite in forma grave per le quali un intervento di sostituzione valvolare potrebbe essere risolutivo. In questa situazione, soprattutto per chi è stato già identificato come candidato a un intervento, il ritardo potrebbe dimostrarsi fatale. Un’analisi degli studi clinici internazionali, dimostra infatti che la mortalità in lista d’attesa per un intervento di sostituzione della valvola aortica può arrivare al 14 per cento, cioè una probabilità su 6.»

Per evitare che ciò accada e soprattutto per curare questi malati, durante la pandemia e in tutta sicurezza, sono state suggerite diverse strategie che verranno discusse nel corso della videoconferenza. «La strategia cardine – riassume Golino – è il dialogo con il paziente. Ad esempio, nella nostra unità abbiamo spiegato a tutti coloro che dovevano essere ricoverati, nel corso di un colloquio personale, i pro e i contro e, nel 90 per cento dei casi il ricovero è avvenuto. Poi ci sono gli aspetti organizzativi, ovviamente i reparti e i percorsi di accesso sono separati, e a chiunque dovesse essere ricoverato per un intervento elettivo eseguiamo un pre-ricovero con tampone 3 giorni prima, per verificare un’eventuale positività al Covid-19. Infine, la scelta della tipologia di intervento, ricorrendo alla sostituzione per via transcatetere, la Tavi – come peraltro raccomandato anche dall’ESC, la società europea di cardiologia. Si tratta infatti di una procedura meno invasiva del corrispondente intervento cardiochirurgico, che riduce drasticamente la durata del ricovero in ospedale durante e dopo l’intervento e quindi abbassa ogni rischio di contagio.»

Tavi – sostituzione per via transcatetere della valvola aortica

La Tavi è una procedura transcatetere mini-invasiva per sostituire una valvola aortica danneggiata con una protesi valvolare senza aprire il torace e senza fermare il cuore. La protesi valvolare viene compressa in modo da essere trasportata mediante un sottile catetere sino al cuore, in genere attraverso una piccola puntura all’inguine. Viene quindi posizionata e rilasciata all’interno della valvola originale attraverso un palloncino che si gonfia. In genere, la procedura si compie in circa un’ora in anestesia locale. Grazie alla Tavi, la maggior parte dei pazienti lascia l’ospedale in pochi giorni e può altrettanto velocemente tornare alle proprie abitudini e stile di vita.

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