BPCO, ovvero broncopneumopatia cronica ostruttiva. E’ la terza causa di morte al mondo, dopo tumori e infarto, eppure pochi la conoscono. Colpisce un italiano su dieci e 3-4 fumatori raggiungeranno nella propria vita la malattia conclamata. E l’altra temibile malattia respiratoria è l’asma, che ha una prevalenza di circa il 7% nella popolazione generale italiana e condiziona pesantemente l’attività lavorativa, il rendimento scolastico e lo stile di vita di chi ne è affetto. L’asma è una patologia in continua crescita: secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità i nuovi casi aumentano del 50% ogni dieci anni.
Per tutte e due esiste una prevenzione essenziale: niente sigarette, tradizionali o elettroniche che siano. E proprio le sigarette elettroniche sono state al centro del dibattito scientifico anche durante il summit dell’European Respiratory Society (ERS) che si è svolto a Dublino il 7 e 8 giugno. «Innanzitutto mancano i dati sull’efficacia e la sicurezza della sigaretta elettronica» avverte Francesco Blasi, presidente dell’European Respiratory Society. «In più le analisi condotte riportano dati contrastanti: tra le sigarette elettroniche contenenti nicotina, le percentuali di questa sostanza sono molto variabili tra sigarette della stessa marca; inoltre si è evidenziata una presenza di nicotina anche tra le sigarette di molte marche che dichiarano l’assenza della sostanza dal loro prodotto».
Come presidente dell’ERS, Francesco Blasi si è anche recato recentemente a Bruxelles per illustrare al Parlamento Europeo la posizione degli pneoumologi riguardo la sigaretta elettronica, ribadendo la mancanza di studi indipendenti a medio e a lungo termine nonché la necessità di una regolazione a livello europeo, anche alla luce delle recenti disposizioni adottate in Francia, dove la sigaretta elettronica sarà vietata nei luoghi pubblici.
Anche Claudio F. Donner, Amministratore della Fondazione Italiana Salute Ambiente e Respiro (FISAR), esprime diversi dubbi riguardo la sigaretta elettronica. «La sigaretta elettronica dovrebbe venire utilizzata soltanto per smettere di fumare, quindi al massimo per alcuni mesi, mentre invece si sta consolidando la sostituzione della sigaretta normale con quella elettronica, pensando sia meno tossica. Utilizzando la sigaretta elettronica per un lungo periodo si può andare incontro a problemi respiratori seri, mentre il suo utilizzo dovrebbe essere limitato nel tempo, unicamente allo scopo di smettere di fumare. Inoltre, importanti riviste mediche internazionali stanno pubblicando studi riguardanti le sostanze contenute nelle sigarette elettroniche, con conclusioni non positive. Anzi, le sigarette elettroniche potrebbero essere addirittura più dannose delle normali sigarette. La maggior parte dei prodotti contiene nicotina, con la conseguenza che permane la dipendenza alla sostanza. Alcune marche addirittura non dichiarano la presenza di nicotina, e in questo modo possono indurre dipendenza anche in chi non ha mai fumato le sigarette normali. Sono poi introdotte, spesso senza essere dichiarate e certificate, diverse sostanze aromatiche delle quali non si conosce la trasformazione chimica una volta che vengono vaporizzate durante l’utilizzo della sigaretta elettronica. In conclusione, le sigarette elettroniche dovrebbero seguire un iter di approvazione almeno come un parafarmaco, indicando le sostanze contenute e i prodotti che si generano con la vaporizzazione». Sigaretta elettronica o tradizionale, nonostante le continue raccomandazioni a non fumare, gli pneumologi sono preoccupati per il numero ancora alto di fumatori. Secondo il Rapporto 2013 sul fumo dell’Istituto Superiore di Sanità, infatti, In Italia i fumatori sono ancora 10,6 milioni, pari al 20,6% della popolazione sopra i 15 anni. Da sottolineare, però, che è 12 anni l’età della prima sigaretta tra gli adolescenti, ai quali piacciono soprattutto le sigarette “rollate” e sono la maggior parte di quel 9,6% (circa 1 milione di persone) che sceglie il tabacco trinciato. Il rischio è che si instauri un effetto moda tra i giovani, per le sigarette “rollate” come per le sigarette elettroniche. E la conseguenza successiva è quella di avere tra pochi anni nuove generazioni di persone con malattie respiratorie croniche. I rapporti del GOLD, acronimo di Global Initiative for Chronic Obstructive Lung Disease (commissione internazionale per lo studio della BPCO patrocinata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità) evidenziano da studi epidemiologici che il 10% degli italiani tra i 20 e i 44 anni presenta tosse ed espettorato senza ostruzione bronchiale (Stadio 0 a rischio), mentre il 3,6% presenta sintomi con ostruzione bronchiale (Stadio I-III).
«Tosse e dispnea (mancanza di fiato, affanno), talora accompagnati da respiro sibilante, sono spesso considerati dai fumatori come una normale conseguenza del consumo di sigarette. Invece rappresentano già i sintomi di una broncopneumopatia cronica ostruttiva e a questo punto la malattia è irreversibile» avverte Donner.
Con la progressione della malattia aumentano anche le riacutizzazioni infettive, soprattutto bronchiti, che richiedono un frequente utilizzo di antibiotici, con il rischio di sviluppare una resistenza ai farmaci. Lo sviluppo dell’antibioticoresistenza in Italia e in tutti i paesi europei, legato all’incremento e all’uso inappropriato degli antibiotici, costituisce un problema per la tutela della salute. Per questo motivo da tempo istituzioni internazionali come l’European Centre for Disease prevention and Control (ECDC) hanno da tempo lanciato l’allarme e spinto gli Stati membri a realizzare campagne informative in materia.
«Le riacutizzazioni acute di bronchite cronica rappresentano la principale causa di visite mediche, ospedalizzazione e morte nei soggetti con BPCO» spiega Blasi. «In media una persona con bronchite cronica va incontro a due episodi all’anno di riacutizzazione della malattia. La frequenza con cui la bronchite cronica si riacutizza dipende dalla gravità della malattia polmonare sottostante, dall’età e dalla presenza di comorbilità. Le riacutizzazioni comportano costi sociali enormi, con un costo medio di 7.000 euro a paziente/anno, di cui 71% per ospedalizzazione, 18% per farmaci e 11% per visite ambulatoriali e esami».
E’ stato calcolato che il costo di gestione della BPCO è da ricondurre per l’80% al costo delle riacutizzazioni e al costo del fallimento della terapia delle riacutizzazioni acute di bronchite cronica. In un clima di spending review la gestione ottimale delle riacutizzazioni acute di bronchite cronica diventa quindi una necessità assoluta, soprattutto perché una quota maggiore della spesa sanitaria ricade sui pazienti. Una situazione che preoccupa anche FederAnziani: «La posizione di FederAnziani si differenzia da quella di altre associazioni in quanto la nostra azione mira all’elaborazione di proposte concrete per il Servizio Sanitario Nazionale, che consentano di conciliare il diritto alla salute dei cittadini con le esigenze imprescindibili di sostenibilità del sistema» spiega Roberto Messina, presidente di FederAnziani. «A tal fine lavoriamo con la Corte di Giustizia Popolare per il Diritto alla Salute, organismo nazionale di FederAnziani che opera in collaborazione con FIMMG e con le principali società medico scientifiche, cui afferiscono medici, pazienti, avvocati e giuristi. In occasione del II Congresso Nazionale, che si svolgerà il 27 novembre a Rimini, il Dipartimento Malattie Respiratorie vedrà 100 medici impegnati proprio nell’elaborazione di tali risposte».
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