Qual è la ricetta per una chirurgia dei trapianti con standard all’altezza del terzo millennio, all’epoca della spending review? Ovvero, come migliorare la qualità dei trapianti riducendo, ove possibile la spesa per il SSN? “Il progresso avanza e non possiamo fermarlo – afferma il professor Franco Filipponi, presidente della SISQT – allo stesso tempo però siamo in una fase in cui i costi sono molto alti e questo crea un problema di sostenibilità presente e futura. La questione centrale è dunque quella di cercare di combinare i trapianti con la massima efficacia e appropriatezza, in un momento nel quale i sistemi sanitari non possono più garantire qualunque tipo di assistenza a tutti. E’ necessario cioè ridefinire i termini e i confini del trapianto di fegato, che non va più considerato una soluzione estrema per pazienti estremi”.
La sopravvivenza dell’organo e quella del paziente trapiantato, nel caso del trapianto di fegato, sono strettamente correlati al MELD del paziente nel momento in cui arriva al trapianto. Il MELD (Model for End stage Liver Disease), è un punteggio per definire la gravità di un’epatopatia in fase terminale, in vista della pianificazione di un trapianto di fegato; viene calcolato tenendo conto dei valori dell’INR (un esame della coagulazione), della bilirubina e di creatinina sieriche.
Secondo un recente studio di Aberg, pubblicato su ‘Liver trasplantation’, un paziente che arriva al trapianto con un punteggio MELD compreso tra 15 e 25, a 5 anni dal trapianto avrà generato una spesa di circa 230mila euro, praticamente il doppio della spesa globale a 5 anni di un paziente trapiantato con un punteggio MELD inferiore a 15 (costi globali a 5 anni circa 170mila euro).
Un paziente che arriva al trapianto con un MELD molto alto avrà inoltre dei tempi di ricovero, anche in terapia intensiva, molto più lunghi di un paziente con un MELD score inferiore a 15 e questo è naturalmente responsabile di costi peri-procedurali molto più elevati.
“Quando il MELD supera il punteggio di 30 – spiega il professor Filipponi – la curva di sopravvivenza del fegato trapiantato e del paziente, crolla letteralmente (a 5 anni funziona ancora solo il 62% degli organi trapiantati,e la sopravvivenza dei pazienti scende a poco più del 60%, contro l’oltre 70% dei pazienti trapiantati con MELD inferiore a 14).
Il che significa che un paziente trapiantato troppo tardi (con MELD molto elevato), non solo costa molto di più, ma vede drammaticamente assottigliarsi le chance di sopravvivenza dell’organo trapiantato e quindi anche le sue”.
La ricetta dunque per garantire al sostenibilità dei trapianti e migliorare la sopravvivenza dei pazienti è:
– Spostare indietro le lancette dell’orologio, per arrivare il prima possibile al trapianto (anticipare di 1-1,5 anni, rispetto a quando accade oggi). E’ necessario cioè essere precoci , quel tanto che basta per avere un paziente che avrà maggiori chance di sopravvivenza dell’organo trapiantato e quindi di vivere una vita più lunga
– Effettuare il trapianto con tempistiche adeguate, individuando quello che Ippocrate chiamava ‘il tempo giusto’ (essere timely)
– Essere appropriati, cioè avere una condotta appropriata nell’esecuzione del trapianto
– Consumare in modo corretto le risorse, riducendo ad esempio l’impiego di plasma, di sangue, riducendo i tempi di ospedalizzazione
– Ottimizzare il funzionamento della rete trapiantologica per assicurare un’attesa in lista trapianti che sia anche questa ben temporizzata
– Tenere una lista trapianti molto piccola (40-50 persone) per poter dare a questi pazienti non una speranza, ma una certezza di essere trapiantati
– Gestire gli aspetti organizzativi della lista d’attesa
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