Fare promesse al proprio cuore, da sempre, vuol dire anche prendersi cura della propria salute. Lo ricorda la campagna promossa dalla World Heart Federation, in occasione della Giornata Mondiale del Cuore, promossa in Italia dall’ Associazione “Fondazione Italiana per il Cuore” (FIpC), insieme a Conacuore, che raggruppa ben 119 associazioni di pazienti cardiopatici sul territorio, e quest’anno in collaborazione con Regione Lombardia. Le patologie cardiovascolari rappresentano la principale causa di morte nel nostro Paese, essendo responsabili del 44% di tutti i decessi, e il numero di persone che si ammalano ogni anno di patologie cardiocircolatorie è in costante aumento. Ad accendere i riflettori su questi temi, sono istituzioni ed esperti riuniti presso il Palazzo della Regione Lombardia, alla presenza dell’Assessore al Welfare, Avv. Giulio Gallera.
“Adottare e promuovere scelte di vita salutari al fine di ridurre il rischio di malattie cardiovascolari è una priorità di Regione Lombardia, da sempre impegnata nella promozione di uno stile di vita sano attraverso suoi professionisti, campagne mirate e l’adozione di specifici piani di prevenzione – afferma Giulio Gallera, (Assessore al Welfare, Regione Lombardia). Perché se è vero che ogni anno le malattie cardiovascolari sono responsabili di 17,5 milioni di morti premature nel mondo, è d’obbligo ricordare che queste patologie sono in buona parte prevenibili adottando ogni giorno scelte di salute, come smettere di fumare, fare esercizio fisico, mangiare e bere in modo sano, cioè prevenendo i fattori di rischio modificabili. La prevenzione è dunque fondamentale, per questo Regione Lombardia, attraverso programmi che fanno capo al Piano Regionale della Prevenzione (Reti per la promozione della salute negli ambienti di lavoro; Scuole che promuovono salute; Promozione della salute del bambino e della mamma nel percorso nascita; Promozione di stili di vita favorevoli alla salute nelle comunità; Prevenzione della cronicità), ha come obiettivo quello di rendere sempre più consapevoli i cittadini”.
Nonostante le numerose iniziative di sensibilizzazione della popolazione a queste tematiche, da una indagine a livello nazionale emerge che il livello del coinvolgimento dei pazienti nella gestione della propria condizione di salute è molto variabile e che solo il 38% di pazienti ad alto rischio mostra una buona consapevolezza della propria condizione e la capacità di mettere in atto concretamente comportamenti e stili di vita adeguati. Lo studio ha dimostrato, inoltre, come un maggiore coinvolgimento e una maggiore responsabilizzazione del paziente si correlano con stili di vita più adeguati, maggiore aderenza alla terapia e conseguentemente migliori esiti.
“Il principale obiettivo per la prevenzione delle malattie cardiovascolari è migliorare le buone pratiche per quanto concerne i fattori modificabili (alimentazione, attività fisica, fumo e alcol, inquinamento) secondo modalità personalizzate e consolidabili nel tempo e adottare appropriate strategie di screening per identificare in modo individuale i fattori non modificabili di carattere genetico/epigenetico – precisa Paolo Magni (Università degli Studi di Milano; Associazione Fondazione Italiana per il Cuore) – La combinazione di questi due approcci, associata ad una migliore consapevolezza del rischio cardiovascolare anche quando si è giovani o adulti e “si sta bene”, favorisce un atteggiamento proattivo, con benefici per la salute cardiovascolare della singola persona e con migliori usi delle risorse disponibili da parte della Comunità.
Studi epidemiologici condotti a partire dagli anni ‘80 hanno evidenziato come la nostra salute si prepara ed è programmata nei nostri “primi mille giorni” di vita – richiama Sergio Pecorelli (Università degli Studi Brescia; Giovanni Lorenzini Medical Foundation – Milano – New York) – e che l’origine di molte malattie trasmissibili complesse va ricercata nelle influenze che l’ambiente esercita sul nostro genoma già dal concepimento e fino al compimento dei primi due anni. È da qui, dunque, che parte la prima linea della prevenzione. Ma cosa succede nell’approccio al paziente che ha già avuto esperienza di eventi cardiovascolari? Intanto chiedersi il perché non si è potuto prevenire la comparsa di detti eventi, prendono anche in considerazione problematiche di familiarità, ossia di origine genetica. E poi considerare concretamente che chi sopravvive a un infarto miocardico acuto diventa un malato cronico per il quale la malattia modifica la qualità della vita e comporta notevoli costi diretti e indiretti per la società.
La risposta – richiama Pablo Werba (Unità di Prevenzione Aterosclerosi del Centro Cardiologico Monzino IRCCS di Milano) – oltre che in un approccio terapeutico mirato, affiancato da corretti stili di vita, risiede nel fatto che accanto alla prevenzione in tempo utile, è necessario lavorare nella prevenzione cardiovascolare, come atto di medicina di precisione, intesa come l’adozione di strategie diagnostiche e terapeutiche basate sul singolo paziente, considerando, accanto all’intero quadro patologico, l’ambiente familiare e sociale, lo stile di vita, il lavoro e la condizione economica, lo status psicologico e clinico, parametri biochimici nonché il patrimonio genetico. Oggi, infatti, strategie apparentemente più aggressive anche in prevenzione secondaria, in base alle caratteristiche del paziente, hanno dimostrato di poter ottenere significativi miglioramenti nella riduzione della mortalità per cause cardiovascolari.
Le malattie cardiovascolari sono la causa di morte più frequente nella popolazione adulta nei paesi ad alto sviluppo economico ed industriale. Tra i fattori di rischio ben riconosciuti – come spiega Anna Vittoria Mattioli (Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia; Istituto Nazionale per le Ricerche Cardiovascolari) – i più frequenti sono: ipertensione, diabete mellito, obesità e dislipidemia. In questo contesto il paziente diabetico è un paziente ad alto rischio cardiovascolare che richiede una stratificazione del rischio molto accurata ed un trattamento intensivo non solo del diabete stesso, ma anche dei fattori di rischio concomitanti. La diffusione del diabete è quasi raddoppiata in trent’anni e le proiezioni ne vedono un aumento esponenziale. Un miglioramento nel controllo del rischio cardiovascolare nel paziente diabetico si può ottenere con una diagnosi precoce di diabete, con un corretto stile di vita (alimentazione equilibrata e attività fisica costante), una adeguata terapia, ed una gestione multidisciplinare ed integrata del paziente diabetico.
“Siamo davvero onorati di essere in Regione Lombardia, che tanto ha fatto e sta facendo per la salute della popolazione; da anni, infatti, percorriamo la stessa strada combattendo un nemico comune, le malattie non trasmissibili che si trasformano in patologie croniche – afferma Emanuela Folco, (Presidente, Associazione Fondazione Italiana per il Cuore – FIpC) – Tra le promesse che vogliamo mantenere c’è il raggiungimento dell’obiettivo di ridurre del 25% l’incidenza delle malattie non trasmissibili, il cosiddetto “25 by 25” goal, come richiesto dall’Organizzazione Mondiale della Salute-OMS nel 2011 ai propri stati membri. Ormai mancano solo 2.655 giorni per raggiungere questo importante traguardo. Con il dibattito aperto quest’anno dalla Giornata Mondiale per il Cuore vogliamo sottolineare l’importanza della responsabilità di ciascun cittadino, della classe medica e delle istituzioni a mantenere e promuovere le buone pratiche e i corretti stili di vita, come dice il motto della Giornata Mondiale per il Cuore di quest’anno: facciamo delle promesse al nostro cuore e manteniamole. Per questo nella Giornata Mondiale per il Cuore invitiamo tutti a condividere le promesse fatte al proprio cuore con #WorldHeartDay.”
In questo scenario, i progressi della ricerca scientifica forniscono al medico sempre più strumenti diagnostici e terapeutici adeguati alla personalizzazione dell’approccio rendendo possibile una medicina cardiovascolare di precisione mentre il compito di Istituzioni e Associazioni prosegue sulla strada dell’informazione e della sensibilizzazione della popolazione a queste tematiche nell’ottica di un sempre maggiore coinvolgimento del cittadino.
Molte persone conoscono e contattano le associazioni di volontariato per il paziente cardiopatico, come quelle coordinate da Conacuore, dopo un ricovero o un periodo di riabilitazione, in cerca di informazioni e una rete di supporto assistenziale che, altrimenti, spesso in Italia ricade sui familiari – sostiene Giuseppe Ciancamerla (Presidente di Conacuore) – È compito di Conacuore cercare appunto di far fronte a queste richieste là dove si evidenziano carenze del sistema Sanitario Nazionale, ma non è tutto. La missione di Conacuore, infatti, è quella di mettere in atto iniziative di informazione e sensibilizzazione, in collaborazione con enti e istituzioni, rivolte a tutti i cittadini, con particolare attenzione ai più giovani.
Nel video:
- Emanuela FOLCO
Presidente Associazione Fondazione Italiana per il Cuore- Sergio PECORELLI
Giovanni Lorenzini Medical Foundation New York