AISC (Associazione Italiana Scompensati Cardiaci) e Regione Sicilia hanno voluto dar vita ad un appuntamento finalizzato ad accendere i riflettori su una patologia che – pur essendo la seconda causa di morte in Italia – non riceve tutta l’attenzione che meriterebbe. Lo scompenso cardiaco, condizione nella quale il cuore non riesce a pompare in modo soddisfacente il sangue nel resto dell’organismo, colpisce oggi oltre 15 milioni di persone in Europa, 1 milione in Italia e oltre 70.000 cittadini in Sicilia. Nel 2016, sono stati quasi 15.000 i pazienti che in questa regione sono dovuti ricorrere ad un ricovero ospedaliero a causa dello scompenso cardiaco, con una degenza media superiore agli 8 giorni. Nel corso della vita una persona su cinque è a rischio di sviluppare scompenso cardiaco ed è più frequente che questa patologia si presenti in età avanzata, con un’incidenza progressivamente maggiore in relazione all’invecchiamento.
Da qui nasce la sottovalutazione dei sintomi iniziali – stanchezza, spossatezza e affaticamento – che molto spesso vengono erroneamente ricollegati all’avanzare dell’età. Questo, insieme alla difficoltà della diagnosi precoce, priva troppo spesso il paziente delle cure necessarie.
Ecco perché è fondamentale saper riconoscere per tempo la patologia e poter mettere i pazienti ed i clinici in condizione di curarla, in particolar modo ora che le nuove soluzioni terapeutiche disponibili permettono una significativa riduzione della mortalità, oltre ad un importante miglioramento della qualità della vita.
La diagnosi precoce e la prevenzione, ma anche l’avere a disposizione una rete efficiente di Centri distribuiti sul territorio e un conseguente accesso alle soluzioni terapeutiche più avanzate, rappresentano gli elementi fondamentali per garantire risultati concreti.
In tal senso AISC – unica Associazione che rappresenta a carattere nazionale i pazienti scompensati – fin dalla sua costituzione per iniziativa di un gruppo di pazienti stessi è fortemente impegnata nell’attività di informazione, a carattere capillare, sui sintomi e sulla promozione di un corretto stile di vita, ma anche nella realizzazione di un network tra tutti i pazienti ed i caregivers e le varie figure mediche professionali coinvolte, i rappresentanti infermieristici, le realtà del volontariato e naturalmente le Istituzioni tutte, ponendosi come interlocutore propositivo e professionale e rappresentando le esigenze del paziente. L’Associazione, fondata appena 4 anni fa, vede una crescita costante con la nascita continua di nuovi Centri Territoriali in tutta Italia collocati principalmente presso gli ospedali dove sono istituiti Centri di Scompenso Cardiaco, avvalendosi di un Comitato Scientifico per garantire la sicurezza di tutte le informazioni ed il materiale educazionale da diffondere tra i pazienti.
L’accreditamento del territorio, come nel caso delle case di Cura private convenzionate, significa dare risposta non solo al paziente nella fase acuta ma soprattutto seguire i pazienti cronici che necessariamente hanno bisogno di una capillarità di centri non lontani dal domicilio.
Un’efficace presa in carico del paziente scompensato rappresenta sempre più una scommessa per le Istituzioni anche alla luce del progressivo invecchiamento della popolazione e l’alleanza tra tutti gli attori (Specialisti, Medici medicina generale, Infermieri, Pazienti e Caregiver) ha dimostrato di essere la migliore soluzione per una gestione efficace.
“Nella mia trentennale esperienza professionale ho avuto modo di prendermi cura di molti pazienti con scompenso cardiaco – sottolinea il professor Salvatore Di Somma, Professore di Medicina Interna all’Università La Sapienza di Roma e Direttore del Comitato Scientifico di AISC – e una cosa che ho spesso pensato è che servisse un impegno collettivo maggiore per consentire a tali pazienti di avere una buona qualità di vita quotidiana, senza dover rincorrere a frequenti reospedalizzazioni. Capita spessissimo, come sottolineano i numeri, che un paziente dopo aver vissuto un evento acuto di scompenso, venga ricoverato, curato e quindi dimesso, per ripresentarsi in ospedale dopo qualche mese. Ciò significa che la gestione della patologia ha qualche falla. La principale è la scarsa cultura legata allo scompenso stesso tra gli stessi pazienti scompensati. Chi soffre di scompenso si trova spesso nel quotidiano a essere in dubbio rispetto a cosa può o non può fare. Per fare un esempio, quando i pazienti vengono dimessi dall’ospedale viene loro detto di pesarsi tutti i giorni, per tenere sotto controllo i liquidi corporei. Ma non sempre lo fanno. Oppure, non sanno cosa possono mangiare e cosa no. Un controllo a distanza con moderni sistemi di telemedicina sarebbe un’ottima modalità per ridurre la morbilità di questa patologia attraverso una migliore formazione dei pazienti stessi, un obiettivo cruciale per AISC”.
Nel video:
- Salvatore DI SOMMA
Professore di Medicina Interna Università La Sapienza di Roma- Giuseppe LEONARDI
Responsabile Unità Scompenso Cardiaco Policlinico V. Emanuele Catania