Carcinoma mammario metastatico: grazie a farmaci innovativi migliora la qualità di vita

Grazie all’arrivo di farmaci innovativi è migliorata negli ultimi anni l’aspettativa di vita delle pazienti con tumore al seno in fase avanzata. Ma questo, secondo gli esperti, si deve anche al processo di evoluzione in corso che riguarda l’implementazione di nuovi modelli sanitari e delle reti oncologiche regionali, oltre che alla definizione dei Pdta (Percorsi diagnostici terapeutici assistenziali), che oggi consentono una presa in carico complessiva delle pazienti.
Un esempio di efficienza, come sottolineato anche nel Piano oncologico nazionale, sono poi i centri di senologia, cioè le Breast Unit istituite in ogni Regione. Nonostante il processo dinamico in corso, però, non sono ancora stati colmati tutti i gap e c’è ancora molta strada da fare per garantire una uniformità di cura, di accesso e di presa in carico delle pazienti con diagnosi di carcinoma mammario avanzato.

“Il carcinoma mammario avanzato è un carcinoma nel quale il tumore è andato al di là del seno e ha coinvolto organi a distanza, come polmone, fegato, ossa. Oggi in Italia convivono con questo tipo di neoplasia oltre 40mila persone. Gli ADC (antibody-drug conjugate), come il farmaco sacituzumab govitecan, di cui si è parlato nel corso del simposio, hanno rivoluzionato la storia del tumore della mammella e della mammella metastatica, perché sono farmaci in grado di veicolare potenti chemioterapie all’interno di cellule in maniera selettiva – ha spiegato il rofessor Carmine De Angelis dell’A.O.U. Federico II di Napoli – Oggi grazie a queste terapie nei diversi sottotipi di tumore della mammella siamo in grado di ottenere risposte brillanti e incrementare in maniera significativa la qualità di vita delle pazienti”.

Si è discusso di questo in occasione del simposio dal titolo ‘Carcinoma mammario avanzato: nuovi scenari per la gestione e il trattamento dei pazienti’, organizzato da Gilead Sciences nell’ambito del 45esimo Congresso Nazionale dei farmacisti ospedalieri SIFO, che si è chiuso domenica alla Mostra d’Oltremare di Napoli. 

Una delle sfide per il nostro Paese è quella di eliminare le disparità tra le Regioni nella gestione delle pazienti con il tumore del seno. Ma cosa dicono i numeri attuali in merito al carcinoma mammario avanzato? A farlo sapere è stata la dottoressa Tamburo De Bella, coordinatrice dell’Osservatorio per le Reti Oncologiche regionali AGENAS: “Oggi per fortuna, grazie alle nuove terapie, abbiamo più malati cronici oncologici, inclusi quelli con malattia mammaria avanzata. Quello che va migliorato ancora, oltre alla diagnosi precoce, è una precoce presa in carico delle pazienti. Le pazienti infatti, spesso presentano metastasi già alla prima diagnosi, ma non tutte purtroppo vengono prontamente indirizzate all’interno di una rete oncologica o di percorsi diagnostico-terapeutici ben delineati a livello regionale”.

“Va quindi ricordato che se una paziente è in trattamento, il follow-up deve essere programmato a tre mesi dalla stessa equipe di riferimento, altrimenti la donna non può trarre completo beneficio dalla terapia. Questo è un punto fondamentale. Oltre ai centri Irccs multidimensionali che si occupano di tutte le patologie, esistono i centri ad alta specializzazione che racchiudono tutte le specialistiche o ci si può avvalere di ‘spoke’ che si occupano piuttosto di una parte del percorso di cura. In tutti i casi la paziente deve potersi muovere agevolmente – ha continuato l’esperta di AGENAS – ma deve essere guidata dal gruppo oncologico disciplinare di riferimento”.

“La prima difficoltà riguarda l’accesso alle cure innovative, soprattutto per questioni burocratiche – ha sottolineato la dottoressa Rosanna D’Antona, presidente di Europa Donna Italia – una volta che il farmaco è stato approvato da EMA e AIFA a livello regionale, le pratiche dovrebbero essere più veloci. Il secondo punto riguarda la qualità della vita: quello che dicono tutte le pazienti è ‘vogliamo vivere e non sopravvivere’, questo vuol dire che una paziente, anche se sottoposta a cure pesanti, dovrebbe poter avere la possibilità di vivere quasi come prima la propria vita”.

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