Tumore alla prostata, nuove terapie efficaci anche nella malattia metastatica

In Italia il tumore della prostata è il più frequente tra i maschi e rappresenta quasi il 20% di tutti i tumori che colpiscono gli ultracinquantenni

Come sottolineato al congresso americano di oncologia ASCO, individuando precocemente il tumore la percentuale di sopravvivenza dei pazienti raggiunge oltre il 90% a 5 anni dalla diagnosi.

In alcuni casi però, la malattia può andare in metastasi e in questi pazienti  la terapia utilizzata maggiormente è quella della deprivazione androgenica. Purtroppo può accadere che i farmaci di deprivazione androgenica vadano incontro a fenomeni di resistenza e fino a oggi i medici non avevano altri farmaci efficaci.

Il tumore della prostata metastatico resistente alla castrazione (mCRPC) presenta una prognosi particolarmente sfavorevole con un tasso di sopravvivenza a 5 anni di circa il 30% e una mediana di OS nella pratica clinica la inferiore a 2 anni con ridotto controllo dei sintomi, importante deterioramento della QoL e circa il 50% dei pazienti che non riesce ad effettuare linee di trattamento successive alla prima.

Grazie a tecniche di indagine molecolare, si è compreso che una quota di tumori della prostata metastatico è caratterizzata da mutazioni genetiche e che farmaci innovativi, chiamati PARP inibitori, possono migliorare significativamente la sopravvivenza libera da malattia. 

Nella ricerca TALAPRO-2, presentata al congresso ASCO, gli scienziati hanno presentato uno studio che aveva come obbiettivo l’utilità dell’associazione in prima linea della terapia standard con enzalutamide con il PARP-inibitore talazoparib. Nello studio la combinazione ha superato in maniera statisticamente e clinicamente significativa lo standard di cura per il trattamento di prima linea del tumore. Dalle analisi è emerso che la combinazione era del 37% migliore nel gruppo con PARP-inibitore rispetto alla sola terapia anti-androgenica. Analizzando in maniera più approfondita i dati è risultato che nel gruppo con difetto di ricombinazione omologa l’associazione era migliore del 54% rispetto alla terapia standard.

Nel video: 
Sergio BRACARDA, Direttore Dipartimento di Oncologia Azienda Ospedaliera Santa Maria di Terni; Presidente SIUrO – Società Italiana di Urologia Oncologica

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