Mielofibrosi, una nuova terapia riduce i danni alla milza

La mielofibrosi è una rara malattia cronica del midollo osseo, così chiamata perché, se si osserva al microscopio il midollo osseo, si nota la graduale comparsa di un tessuto fibroso (un insieme di fibre isolate o intrecciate tra di loro) che modifica definitivamente la struttura del midollo osseo stesso non consentendogli più di funzionare correttamente.

In genere la fase iniziale della malattia consiste in un danno alla struttura del midollo osseo: in particolare i megacariociti aumentano di numero e cambiano forma.
In una seconda fase (fase avanzata), compare la fibrosi midollare e si può avere una fuoriuscita di cellule staminali immature dal midollo osseo. Queste, attraverso il sangue, raggiungono la milza e il fegato, dove si accumulano. 
L’ingrossamento della milza (detto splenomegalia) è la manifestazione più caratteristica della mielofibrosi, si verifica in quasi tutti i malati ed è responsabile di una serie di disturbi, prevalentamente gastrointestinali.

Fino ad ora non esistevano opzioni specificatamente indicate per trattare questi sintomi in pazienti che soffrono anche di anemia, ma in questi giorni la Commissione Europea ha concesso l’autorizzazione all’immissione in commercio di momelotinib, un farmaco in monosomministrazione giornaliera, il primo medicinale autorizzato nell’UE per la splenomegalia.

«L’autorizzazione UE di momelotinib rappresenta un progresso significativo per i pazienti indicati affetti da mielofibrosi, e in particolare per quelli affetti da anemia da moderata a grave che necessitano di nuove opzioni terapeutiche per ridurre il carico correlato alla malattia» commenta Francesca Palandri, Medico specializzando in Ematologia Clinica e Sperimentale all’Università di Bologna, Istituto di Ematologia Seràgnoli. «La disponibilità di un’unica terapia per le principali manifestazioni della mielofibrosi è un chiaro passo avanti».

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