Abbondanza o tempi di magra? È questa la domanda che si fanno costantemente le nostre cellule, per valutare se abbiano a disposizione abbastanza nutrienti o se debbano invece attingere alle loro riserve energetiche interne. Un equilibrio delicato e finemente regolato, che talvolta può venir meno e favorire così lo sviluppo di tumori, malattie neurodegenerative e metaboliche. Ma i ricercatori dell’Istituto Telethon di genetica e medicina (Tigem) di Pozzuoli, guidati da Andrea Ballabio, hanno trovato una possibile strategia per invertire questa rotta e guidare la ricerca di terapie mirate.
La chiave del processo sta in due principali fattori: mTORC1, un complesso proteico noto da più di venti anni come vero e proprio “termometro” delle condizioni ambientali importanti per la cellula, e TFEB, descritta per la prima volta nel 2009 proprio dal direttore del Tigem quale responsabile dello smaltimento e riciclo delle sostanze in eccesso. Quando i nutrienti sono in quantità sufficiente, mTORC1 spegne TFEB e promuove la produzione (anabolismo) di tutti i “mattoni” necessari alle varie attività cellulari. Se invece il “cibo” scarseggia mTORC1 accende TFEB, che mette così in moto la degradazione (catabolismo) delle sostanze di riserva accumulate, rendendole disponibili per il metabolismo cellulare. In condizioni normali, le due proteine non sono mai contemporaneamente attive. Ma se l’equilibrio si rompe ed entrambe restano “accese” la cellula può iniziare a crescere in modo sregolato e indipendente dalla presenza di nutrienti: proprio quello che avviene nei tumori, in cui si assiste a una proliferazione incontrollata.
In un articolo pubblicato su “Nature”, Ballabio e i suoi collaboratori – Gennaro Napolitano, Alessandra Esposito e Jlenia Monfregola – hanno descritto, per la prima volta ad una risoluzione elevatissima, come avviene la regolazione di TFEB da parte di mTORC1, all’interno di un grosso complesso proteico che coinvolge ben 36 proteine. Lo studio, frutto di un’importante collaborazione internazionale con i gruppi di James Hurley dell’Università della California e di Lukas Huber dell’Università di Innsbruck, segna una tappa fondamentale verso l’individuazione di farmaci in grado di agire su questa importante via metabolica.