L’emofilia A acquisita è una malattia emorragica ultra-rara, causata dallo sviluppo di anticorpi neutralizzanti che disattivano il fattore VII, una proteina necessaria per la normale coagulazione del sangue. I pazienti con emofilia acquisita hanno problemi di coagulazione tra cui emorragie alle articolazioni, ai muscoli e agli organi interni. Le condizioni più frequentemente associate allo sviluppo di autoanticorpi anti-FVIII sono la gravidanza, le malattie autoimmuni quali l’artrite reumatoide, il lupus eritematoso sistemico, la miastenia gravis, patologie autoimmuni della tiroide e le neoplasie solide (prostata, rene, polmone, colon) ed ematologiche (leucemia linfatica cronica e linfomi). Infine, inibitori anti-FVIII sono stati segnalati in pazienti con malattie dermatologiche (pemfigo, psoriasi, dermatite esfoliativa), malattie infiammatorie croniche dell’intestino ed in seguito a somministrazione di farmaci (interferone, penicillina, sulfamidici). Da tenere presente, inoltre, che circa il 50% degli autoanticorpi anti-FVIII si sviluppa spontaneamente senza che sia identificata una patologia sottostante.
Durante un simposio organizzato dall’azienda farmaceutica Takeda al congresso della Società Italiana per lo studio dell’Emostasi e della Trombosi, è stata sottolineata
l’efficacia di Susoctocog alfa. «Si tratta di un farmaco che agisce nell’organismo allo stesso modo del fattore umano VIII, favorendo la coagulazione del sangue e il controllo dell’emorragia» spiega Giovanni Di Minno, Professore Emerito all’Università di Napoli Federico II. «Susoctocog alfa rappresenta una soluzione innovativa nel trattamento degli episodi emorragici che colpiscono il paziente con emofilia A con inibitori acquisiti. Infatti, la derivazione porcina del prodotto permette di rimpiazzare temporaneamente il fattore VIII endogeno della coagulazione inibito dalla patologia e necessario per un’emostasi efficiente».
Inoltre, la determinazione del dosaggio necessario del farmaco sulla base di un indicatore obiettivo quale l’attività del fattore VIII consente di personalizzare la terapia.
«Il medico che gestisce la terapia dei pazienti emofilici necessita quindi del supporto della medicina di laboratorio, perché solo un costante e attento monitoraggio della coagulazione assicura un trattamento efficace e la sicurezza del paziente» aggiunge Cristina Novembrino, Biologa specialista in Biochimica Clinica all’Ospedale Policlinico di Milano.
Nel video:
Giovanni Di Minno, Professore Emerito all’Università di Napoli Federico II
Cristina Novembrino, Biologa specialista in Biochimica Clinica all’Ospedale Policlinico di Milano