Tumore ovarico, i test genetici possono salvare la vita

«Solo una buona conoscenza di questo tumore e dei suoi sintomi può facilitare una diagnosi tempestiva: se sintomi come sensazione di sazietà anche a stomaco vuoto, difficoltà di digestione, fitte addominali, gonfiore e tensione addominale, diarrea o stipsi improvvise sono frequenti e perdurano a lungo, occorre rivolgersi subito al proprio ginecologo per una visita ginecologica e un’ecografia transvaginale e, in caso di sospetto, prendere contatti con un Centro di riferimento» avverte Nicoletta Cerana, Presidente Nazionale ACTO – Alleanza contro il tumore ovarico.

L’altra opportunità di anticipare la diagnosi è legata allo studio della familiarità, e in particolare alla presenza di mutazioni ereditarie come quelle BRCA 1 e 2, perché un tumore ovarico su quattro è di origine genetico-ereditaria.

«È importante ricordare che il test BRCA ha sempre una duplice valenza: terapeutica e preventiva. I test BRCA che abbiamo a disposizione da diversi anni servono sia per meglio indirizzare le terapie oncologiche delle donne con tumore ovarico sia per impostare programmi di prevenzione nei loro familiari»spiega Liliana Varesco, Medico genetista al Centro Tumori Ereditari, IRCCS Ospedale San Martino di Genova. «Nelle pazienti si esegue in primo luogo l’analisi del tessuto tumorale, in cui si cerca la presenza delle mutazioni con l’obiettivo di scegliere la terapia più adatta. Ma solo attraverso il test germinale, che consiste in un semplice prelievo di sangue, si può valutare se la mutazione sia presente in tutte le cellule e quindi ereditata dai genitori e trasmissibile ai figli. Per questo, in caso di positività al test somatico BRCA, andrebbe eseguito anche il test germinale in modo da attivare tutto il sistema di prevenzione».

L’informazione su questa neoplasia è fondamentale, non solo perché al momento la clinica non dispone di screening sensibili e specifici per il tumore dell’ovaio, ma anche perché lo scenario oggi è in evoluzione sia sul fronte della terapia. Una delle novità più importanti di questi anni è la possibilità per tutte le donne – con o senza mutazioni – di accedere alle terapie di mantenimento, che permettono di allontanare le ricadute dopo chemioterapia. «Le terapie di mantenimento hanno dimostrato di migliorare la sopravvivenza libera da progressione, cioè il tempo in cui la paziente vive senza avere ritorno della malattia e non determinano un impatto negativo sulla qualità di vita»  conferma Nicoletta Colombo, Direttore Ginecologia Oncologica Medica, IEO di Milano. «I farmaci utilizzati nelle terapie di mantenimento, i PARP-inibitori, sono molto efficaci soprattutto nelle pazienti portatrici di mutazioni genetiche BRCA 1 e 2, che predispongono all’insorgenza del tumore ovarico. Però si è visto che anche chi non ha la mutazione genetica può rispondere bene a questi farmaci e averne un beneficio».

Invitare donne e pazienti a informarsi è l’obiettivo di “Tumore Ovarico. Manteniamoci informate! Da donna a donna”, campagna di sensibilizzazione ideata e realizzata da Pro Format Comunicazione e Mad Owl in collaborazione con le Associazioni aBRCAdabra onlus, ACTO, LOTO, e Mai più Sole e sponsorizzata in esclusiva da GSK.

Nel 2022 la campagna, giunta alla sua terza edizione ha scelto di dare direttamente la parola alle donne: pazienti delle Associazioni promotrici della campagna che si sono già confrontate con la diagnosi di tumore ovarico condividono consigli ed esperienze sul percorso di cura attraverso videomessaggi “da donna a donna” veicolati sulla landing page www.manteniamociinformate.it”; otto brevi video dedicati ad aspetti chiave come la scoperta della malattia, il rapporto con i medici, le risorse che aiutano a ritrovare la qualità di vita.

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