I farmaci biologici per l’artrite reumatoide non sono disponibili per tutti i pazienti

Migliorare la gestione dei pazienti affetti da artrite reumatoide, riducendo, tra altri obiettivi discussi, l’incidenza dei pazienti che ad oggi non hanno accesso ai farmaci biologici e garantendo un accesso equo alle cure. Come? Attraverso la messa a punto di nuovi modelli di presa in carico, resi possibili anche grazie a un utilizzo razionale, ovvero basato sulle evidenze, delle risorse liberate dalle scadenze brevettuali dei farmaci biologici e dalla competizione generata dai biosimilari (farmaci biologici a base di un principio attivo a brevetto scaduto, con qualità, sicurezza ed efficacia comparabili a quelli dei farmaci di riferimento).

Sono questi gli argomenti discussi in un incontro promosso da Sandoz  con un focus dedicato alla gestione del paziente sul territorio durante il quale è stato presentato uno studio condotto da Cergas SDA Bocconi (Centro di ricerche sulla gestione dell’assistenza sanitaria e sociale). Lo studio è finalizzato a identificare un percorso strutturato di allocazione delle risorse liberate dalle scadenze brevettuali dei farmaci biologici e dalla competizione generata dai biosimilari. Tale studio ha obiettivi ampi, tra cui la mappatura delle iniziative locali sui farmaci biologici a brevetto scaduto a livello nazionale, già pubblicata sulla rivista GaBI (Bertolani A Jommi C, Local policies on biosimilars: are they designed to optimize use of liberated resources? GaBI Journal, 2020;9(4):163-70), e l’identificazione delle evidenze rilevanti per costruire il percorso di reinvestimento. In particolare, ci si è focalizzati sui pazienti affetti da artrite reumatoide eleggibili a trattamento con biologici e non trattati. Secondo l’analisi dei dati – che sono stati estratti dai database amministrativi della Regione Campania grazie alla collaborazione di So.Re.Sa. (Soggetto Aggregatore della Regione Campania) e dell’Ufficio Politica del Farmaco e Dispositivi Medici (Direzione Generale per la Tutela della Salute e il Coordinamento del Sistema Sanitario regionale) – una percentuale compresa tra il 7,9% e il 14,9% dei pazienti campani affetti da artrite reumatoide candidabili al trattamento con i farmaci biologici non riceve questi farmaci. Questo si osserva in tutte le fasce di età, ma è più evidente in quelle più avanzate: l’età media di chi non riceve i trattamenti biologici è di 60 anni.

“Il nostro obiettivo è costruire un percorso strutturato per reinvestire le risorse liberate dalla scadenza dei brevetti dei farmaci biologici, approcciando il problema nel modo più razionale possibile – dice Il Prof. Claudio Jommi, Docente della SDA Bocconi e referente scientifico del progetto Cergas – Questo significa stimare le risorse che derivano dalle scadenze brevettuali e dalla competizione di prezzo generata dall’ingresso di biosimilari sul mercato. Il secondo passo è capire, anche attraverso i dati disponibili a livello regionale e locale, quali siano le aree prioritarie di reinvestimento di queste risorse: da un migliore raggiungimento del target di pazienti, all’investimento su nuovi farmaci a valore aggiunto per il Servizio Sanitario Regionale, ad altre prestazioni riferibili al percorso del paziente. I numeri che abbiamo elaborato sui pazienti affetti da artrite reumatoide eleggibili al trattamento e non trattati con farmaci biologici variano a seconda, soprattutto, della stima di quelli controindicati ai farmaci utilizzabili in prima linea, ma mostrano che in ogni caso si tratta di una quota non trascurabile di pazienti. La nostra survey pubblicata su GaBI mostra che molte aziende sanitarie effettuano stime di impatto delle scadenze brevettuali di biologici, ma poche hanno contezza di un eventuale mancato trattamento dei pazienti. Le decisioni – conclude Jommi – hanno bisogno sia dei dati sia del confronto tra istituzioni, clinici e pazienti, come quello che è avvenuto oggi. Sarà importante misurare nel medio termine l’impatto che avranno tali decisioni”.

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