Annunciata la disponibilità anche per i pazienti italiani di brigatinib in monoterapia per il trattamento di pazienti adulti con cancro del polmone non a piccole cellule, avanzato, ALK positivo, non trattati precedentemente con inibitori ALK.
Brigatinib è un inibitore della tirosin-chinasi di nuova generazione studiato per colpire selettivamente e inibire le alterazioni genetiche ALK.
Lo studio registrativo di fase 3 ALTA-1L, che ha valutato la sicurezza e l’efficacia di brigatinib in confronto a crizotinib nei pazienti con NSCLC ALK+ localmente avanzato o metastatico che non hanno ricevuto precedente trattamento con un inibitore ALK, ha evidenziato una significativa efficacia sistemica di brigatinib, che ha ridotto del 51% il rischio di progressione della malattia o decesso rispetto a crizotinib.
“Nel trattamento del carcinoma polmonare non a piccole cellule assume sempre maggiore rilevanza la profilazione molecolare del tumore, che permette di ampliare le opportunità terapeutiche a disposizione per specifiche tipologie di pazienti”, dichiara Paolo Marchetti, Professore ordinario di oncologia alla Sapienza, Università di Roma. “Nel caso dei pazienti con tumore del polmone non a piccole cellule avanzato, che presenta riarrangiamento del gene ALK, brigatinib rappresenta un’importante alternativa a disposizione, avendo dimostrato nello studio clinico registrativo un’efficacia sistemica significativamente maggiore rispetto al farmaco di confronto, con un profilo di tollerabilità gestibile e un sensibile miglioramento della qualità di vita dei pazienti trattati, misurato con l’indice Global Health Score”.
Brigatinib ha dimostrato anche una rilevante efficacia intracranica: nei pazienti con metastasi cerebrali al basale ha infatti ridotto del 75% il rischio di progressione della malattia o decesso e del 69% il rischio di progressione intracranica rispetto a crizotinib. Fino al 35% dei pazienti con NSCLC ALK positivo presenta metastasi cerebrali alla diagnosi, percentuale che nel corso della malattia raggiunge il 90%. Disporre di una terapia efficace sul controllo della crescita sia extracranica sia intracranica del tumore ha rappresentato fino ad oggi uno dei principali unmet needs.
“Oggi siamo nelle condizioni di avere molteplici farmaci diretti contro ALK, con una sempre maggiore efficacia, in particolare con maggiore capacità di arrivare a colpire il target e di raggiungere tutti i tessuti, compreso l’encefalo, frequente sede di localizzazioni secondarie in questa patologia”, commenta Alessandra Bearz, Dirigente Medico SOC Oncologia Medica e dei Tumori Immunocorrelati, Centro di Riferimento Oncologico di Aviano. “Brigatinib si aggiunge alle possibilità terapeutiche già disponibili e si propone come un farmaco maneggevole e con grande capacità di penetrare la barriera ematoencefalica, riuscendo sia ad agire contro eventuali localizzazioni già presenti sia a prevenire la colonizzazione encefalica da parte della malattia”.
Il regime terapeutico di brigatinib prevede l’assunzione di una compressa, con o senza cibo, una volta al giorno; la dose iniziale raccomandata è 90 mg una volta al giorno per i primi 7 giorni e, successivamente, 180 mg una volta al giorno.
“Takeda sta consolidando il suo impegno in Oncologia e dedica a questa area una parte rilevante della propria ricerca e dei propri piani di sviluppo, con un portfolio in continua espansione e una presenza in diverse aree dell’oncologia”, commenta Annarita Egidi, Oncology Country Head di Takeda Italia. “Poter annunciare oggi la disponibilità di brigatinib per i pazienti italiani è un traguardo di cui andiamo molto fieri: si concretizza infatti la presenza di Takeda anche nelle neoplasie polmonari e si conferma il nostro impegno nella medicina di precisione”.