Le persone con diabete in Italia sono, oltre 3,7 milioni, mentre almeno un altro milione è diabetico ma non lo sa (IBDO Foundation). Più dell’80% è affetto da un diabete tipo 2, non insulino-dipendente e 8 diabetici su 10 non raggiungono un buon controllo della glicemia con un valore di emoglobina glicata inferiore a 7, mantenendo, quindi, un elevato rischio di sviluppare complicanze (Annali AMD 2018). Vivere con una malattia cronica come il diabete, che dura per tutta la vita, ha certamente un forte impatto sulla quotidianità, ma la convivenza con questo “compagno di viaggio” può essere facilitata e a volte la soluzione è a portata di mano.
A raccontare come spesso ci si complica la vita e la malattia diabetica, mentre è possibile semplificarla ed evitarne le gravi complicanze, ci pensa la campagna promossa da Novo Nordisk “Non complicarti il Diabete!”, che si propone di rimettere al centro dell’attenzione la gestione del diabete e i nuovi trattamenti che stanno cambiando il paradigma di cura e la vita dei pazienti. Il sito web www.noncomplicartiildiabete.it è online con consigli e suggerimenti su corretta alimentazione, attività fisica, benessere psicologico, aderenza alla terapia; a breve verrà lanciata una miniserie web.
L’accettazione di questo “compagno”, per tutta la vita, non è per nulla scontata e questo è vero sia per le persone che sviluppano il diabete in età adulta, quindi che incontrano a un certo punto della loro vita il diabete tipo 2, ma anche per i giovani che incontrano il diabete tipo 1.
«La fase di accettazione è un momento di estrema importanza perché se questo ingaggio con il diabete non avviene vi è il rischio di vivere in contrapposizione al diabete stesso – dichiara Paolo Di Bartolo, Direttore Rete Clinica di Diabetologia, AUSL Romagna e Presidente AMD – e, quindi, fondamentalmente, avere una vita caratterizzata da un profondo disagio e da un atteggiamento di costante rifiuto della “condizione diabete” come, ovviamente, elemento di stigma sociale ma anche del diabete come ostacolo a una vita pienamente normale. La dieta, l’attività fisica, la terapia, il monitoraggio glicemico, le visite mediche, l’attenzione ad altre malattie e il rischio delle complicanze rappresentano una routine faticosa e stressante che può condurre spesso a sintomi depressivi, ansia e disturbi del comportamento alimentare, che tuttavia è possibile superare».
La gestione del diabete tipo 2 è profondamente cambiata negli anni. Il valore dell’emoglobina glicata (HbA1), l’eccesso di peso e il rischio micro- e macro-vascolare sono i fattori chiave da tenere sotto controllo. Una diversa organizzazione dei servizi di diabetologia, l’integrazione tra medico di medicina generale e diabetologo e l’arrivo di farmaci innovativi permettono un’evoluzione nella presa in carico e nel trattamento globale dei pazienti.
«L’utilizzo di farmaci innovativi nelle persone con diabete è ancora, purtroppo, in Italia inferiore a quello che vediamo in Paesi limitrofi, come Spagna e Germania – spiega Agostino Consoli, Professore Ordinario di Endocrinologia, Università degli Studi di Chieti e Direttore UOC Territoriale di Endocrinologia e Malattie del Metabolismo, AUSL Pescara – le cause sono diverse: pastoie burocratiche, limitazioni alla loro prescrizione imposte a livello regionale, ma, soprattutto, “inerzia” da parte del terapeuta che fa fatica ad abbandonare le sue vecchie abitudini terapeutiche per rivolgersi, invece, a offerte della farmacologia moderna che risultano sicuramente più utili. Le più recenti Linee guida raccomandano fortemente che un paziente con diabete tipo 2 con un profilo di rischio cardiovascolare alto o altissimo o che abbia avuto già un evento vascolare (il 25-30% delle persone con diabete ha già avuto un evento cardiovascolare) debba essere trattato anche con un farmaco per il diabete che abbia dimostrato di avere caratteristiche di protezione cardiovascolare, ad esempio un agonista recettoriale del GLP-1. Dai dati di utilizzo risulta invece che ad oggi in Italia non più del 15% delle persone con diabete è trattato con i nuovi farmaci».
L’innovazione terapeutica aiuta i pazienti con diabete tipo 2 a gestire meglio la malattia e il percorso di cura attraverso farmaci che, insieme a una maggiore efficacia nel portare i pazienti a target, grazie a una frequenza di somministrazione ridotta aiutano a tenere sotto controllo il diabete senza il pensiero quotidiano della terapia.
Semaglutide, che fa parte della classe degli analoghi del GLP-1 o agonisti del recettore del GLP-1 è una di queste terapie innovative che stanno cambiando il paradigma nella terapia del diabete «Innanzitutto, perché è un farmaco che si inietta sottocute ma non è insulina e quindi non dà ipoglicemie – dichiara Francesco Giorgino, Direttore UOC di Endocrinologia, Azienda Ospedaliera Universitaria Policlinico Consorziale di Bari e Presidente SIE – poi non vi è il problema di cambiare la dose come si fa con l’insulina, perché la dose è prestabilita. Gli analoghi del GLP-1, come semaglutide, sono farmaci “intelligenti” perché riducono la glicemia solo quando è alta, mentre se è normale non agiscono. In più questa terapia fa dimagrire perché agisce a vari livelli sui centri dell’appetito e del senso della sazietà. Ancora, un altro elemento è la possibilità di usare questi farmaci non solo per ridurre la glicemia e il peso ma per ridurre le complicanze cardiovascolari e renali. Numerosi studi in questi ultimi anni hanno rivelato che questi agonisti hanno un’importante azione protettiva nei confronti dell’infarto, dell’ictus e della morte cardiovascolare. Farmaci molto utili che, per tutti questi motivi e per la maggiore efficacia ipoglicemizzante, sono da preferire rispetto all’insulina basale quando nella persona con diabete i farmaci orali non sono più in grado di assicurare un adeguato controllo della glicemia».
È necessario che il diabetico trovi un nuovo equilibrio, un nuovo stile di vita attraverso la corretta alimentazione, una regolare attività fisica, l’aderenza ai farmaci prescritti. Il paziente può trovare difficile aderire alle prescrizioni del diabetologo ma c’è un modo per non complicare la malattia diabetica e raggiungere questi obiettivi.
«Bisogna avere un rapporto con la malattia e una conoscenza di essa molto stretti – commenta Andrea Giaccari, Responsabile Centro Malattie Endocrine e Metaboliche, Fondazione Policlinico Universitario ‘A. Gemelli’ IRCCS di Roma – soprattutto imparare che non si tratta di vivere una vita da asceti, ma semplicemente cercare di vivere una vita normale, più sana, e con un valido motivo per farlo: la salute. Un diverso equilibrio che permetta non soltanto di ‘sentirsi bene’, ma anche di curarsi. Senza, tuttavia, chiedere a se stessi sacrifici improponibili, se non quello di voler vivere meglio e più a lungo».
La miniserie web “Non complicarti il Diabete!” racconterà con ironia e leggerezza come spesso ci si complichi la vita – e il diabete – senza motivo, quando invece la soluzione è più semplice di quel che si crede.