Qual è stato l’impatto dell’emergenza COVID-19 sulla vita dei pazienti con Malattia di Parkinson e dei clinici? La questione sta divenendo cruciale, considerando che la Malattia di Parkinson è associata a un elevato rischio di complicanze correlate al COVID-19. Inoltre, la maggiore vulnerabilità degli anziani e di coloro che hanno comorbilità insieme alla maggiore prevalenza della Malattia di Parkinson con l’avanzare dell’età solleva timori sui rischi potenzialmente più elevati di contrarre il COVID-19 nelle persone affette da questa patologia e altri disturbi del movimento.
Sono questi i temi del simposio “Sfide nella gestione dei pazienti affetti da Malattia di Parkinson durante la pandemia di COVID-19: quali aspettative?” organizzato dall’azienda farmaceutica Zanbon in occasione del Virtual International Congress of Parkinson’s Disease and Movement Disorders 2020.
L’impatto dell’isolamento durante la pandemia è stato molto forte sui malati di Parkinson e la situazione sta peggiorando. L’inattività, lo stress e la solitudine hanno aggravato il deterioramento e comportato la comparsa di molteplici complicanze come malattie cardiovascolari, osteoporosi, insonnia, declino cognitivo, depressione e stipsi.
Durante il Simposio, il Prof. Bastiaan Bloem, Direttore, Radboudumc, Center of Expertise for Parkinson & Movement Disorders, Nijmegen ha sottolineato: “Si può affermare con certezza che si sia aperta una nuova stagione nella gestione dei sintomi della Malattia di Parkinson durante il COVID-19 che testimonia una significativa accelerazione dei problemi legati a livelli di stress acuto e cronico con un conseguente peggioramento dei sintomi quali tremori, discinesia, congelamento dell’andatura e aumento dell’ansia, anche in pazienti precedentemente stabili. Inoltre, l’impossibilità di praticare attività fisica ha causato casi di solitudine ed estraniamento da chi prestava loro assistenza. È pertanto importante integrare approcci complementari nella terapia farmacologica più tradizionale; un programma di yoga per aumentare la consapevolezza ha dimostrato di poter migliorare le disfunzioni motorie e la mobilità e contribuire a ridurre l’ansia e i sintomi da stress, migliorando così la qualità della vita”.
A causa della complessità della Malattia di Parkinson, è cruciale elaborare un approccio multidisciplinare che coinvolga tutto lo staff medico a cui sono affidati i pazienti: neurologo, geriatra, psicologo, psichiatra, medico di famiglia, nutrizionista, urologo, assistente sociale e infermieri. Questo può migliorare il rispetto della terapia, l’appropriatezza delle cure e apportare un sollievo psicologico ed emotivo integrato alle persone che convivono con la MP.
La validità della telemedicina nel valutare i malati di Parkinson è stata ben documentata in molti studi, è una strada percorribile perché la maggior parte degli esami fisici può essere visualizzata. L’epidemia ha già accelerato innovazione e applicazione di tali sistemi (telemedicina) per poter fornire assistenza sanitaria urgente e costante. Sebbene non possa sostituire la consultazione medica, la diagnosi e il percorso terapeutico, la telemedicina può diventare un valido strumento per il follow-up a distanza di pazienti che già dispongono di una diagnosi di Malattia di Parkinson e di una terapia.
Angelo Antonini, Professore di neurologia, Direttore dell’Unità Parkinson e disturbi del movimento del Dipartimento di neuroscienze all’Università di Padova ha dichiarato: “Tutti i sintomi rilevanti individuati sono collegati alla mancanza di mobilità e ciò sottolinea l’importanza di implementare strategie corrette per il controllo della patologia. Inoltre, la qualità della vita, misurata in un gruppo di pazienti prima e dopo il lockdown, è anch’essa significativamente peggiorata durante il periodo di isolamento. Un’altra lezione che abbiamo appreso recentemente è l’importanza di fornire ai nostri pazienti nuovi strumenti per contattare a distanza i neurologi e monitorare le manifestazioni cliniche, mediante i sensori e la telemedicina”.