Diabete di tipo 2, una pandemia nella pandemia. La lezione appresa in questi ultimi mesi è chiara: è fondamentale tenerlo e mantenerlo sotto controllo perché è un fattore di rischio che non si può sottovalutare. Le persone con diabete sono state tra i pazienti più fragili colpiti dal Covid-19 e tra quelle che hanno avuto più difficoltà a tenere sotto controllo la malattia durante il lockdown. Ma anche prima i dati erano allarmanti, basti pensare che i pazienti diabetici hanno un tasso di ricovero più che doppio rispetto ai non diabetici. E’ in questo scenario davvero preoccupante che arrivano dall’80esimo congresso dell’American Diabetes Association appena terminato, positive e importanti conferme dallo studio VERTIS CV (eValuation of ERTugliflozin effIcacy and Safety CardioVascular) che ha valutato l’efficacia e la sicurezza CV di ertugliflozin, la nuova opzione terapeutica di MSD nella classe degli SGLT2 inibitori.
Ertugliflozin, il nuovo SGLT2 inibitore, grazie al suo meccanismo d’azione innovativo, del tutto indipendente dall’insulina fornisce duraturi effetti sul compenso glicemico e sugli endpoint extraglicemici quali riduzione del peso corporeo e della pressione arteriosa. I risultati dello studio Vertis CV appena presentato hanno dimostrato che ertugliflozin esplica anche un’azione protettiva a livello cardiaco in termini di riduzione del rischio relativo di ricovero per scompenso cardiaco, che è stato ridotto del 30%, e di progressione della malattia renale principalmente in termini di significativa e sostenuta riduzione del declino della funzionalità renale in termini di eGFR.
«Lo studio Vertis CV è molto importante – spiega Andrea Giaccari, Diabetologo, Professore Associato di Endocrinologia Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma – per alcune particolari caratteristiche: ha arruolato una più elevata percentuale di pazienti con una storia di scompenso cardiaco e ha dimostrato sicuramente l’efficacia di ertugliflozin sui parametri metabolici, con una riduzione significativa di almeno 0.5 punti di emoglobina glicata dopo 18 mesi e che si mantiene nel tempo, per tutto il follow-up di questo studio. Uno degli aspetti fondamentali che lo studio Vertis CV ha dimostrato è la riduzione delle ospedalizzazioni per scompenso cardiaco che sappiamo essere una complicanza specifica del diabete, un evento estremamente frequente. Il fatto che anche il diabetologo abbia in mano uno strumento terapeutico per prevenire questa importante complicanza è davvero importante. Avere a disposizione un farmaco che tiene sotto controllo il diabete e allo stesso tempo riduce le ospedalizzazioni per lo scompenso cardiaco è estremamente incoraggiante e questi dati di Vertis CV sono importanti perché c’era un’ampia popolazione arruolata che aveva una storia di scompenso cardiaco. Il Vertis CV è davvero importante nella pratica clinica, soprattutto perché ha dimostrato che questa classe di farmaci, gli SGLT2, è efficace e ha un buon profilo di sicurezza e quindi possiamo come classe medica utilizzare questi farmaci, adesso che li conosciamo bene, con grande tranquillità».
«Lo studio Vertis CV che è stato appena presentato all’80esimo Congresso ADA – dice Pasquale Perrone Filardi, Cardiologo, Professore Ordinario di Cardiologia, Università degli Studi di Napoli Federico II e Presidente eletto Società Italiana di Cardiologia – ha dato un’ulteriore, importantissima, conferma dell’effetto sulla riduzione dei ricoveri ospedalieri che rappresenta uno degli elementi più importanti, direi il più importante, dei benefici che questa classe di farmaci oggi conferisce al trattamento del diabete. Lo studio Vertis CV ha utilizzato un inibitore orale degli SGLT2, ertugliflozin, che è una molecola che ha dimostrato in una popolazione diabetica con malattia cardiovascolare ischemica di base, con o senza scompenso cardiaco all’ingresso, una riduzione del 30% dei ricoveri per scompenso cardiaco. Quindi, si tratta di un effetto molto rilevante dal punto di vista clinico che conferma, anche per questa nuova molecola della classe, l’effetto che questi farmaci hanno ampiamente dimostrato in una serie di studi clinici condotti nella popolazione diabetica».