Obesità: sottoscritta la Carta di Milano sull’Urban Obesity

Il documento è promosso dal Centro di Studio e Ricerche sull’Obesità (CSRO) dell’Università degli Studi di Milano, in collaborazione con il Comune di Milano, la Regione Lombardia, l’ANCI, l’Intergruppo Parlamentare Obesità e Diabete, l’Health City Institute, la rete Cities Changing Diabetes, IO-NET, la rete OPEN (Obesity Policy Engagement Network), EASO (European Association for the Study of Obesity), la SIO (Società Italiana dell’Obesità), la SIP (Società Italiana di Pediatria), la SIEDP (Società Italiana di Endocrinologia e Diabetologia Pediatrica), l’ADI (Associazione Italiana di Dietetica e Nutrizione Clinica), la IBDO FOUNDATION, la SIMG (Società Italiana di Medicina Generale e delle Cure Primarie), l’associazione Amici Obesi e l’organizzazione Cittadinanzattiva.

«La Carta di Milano sull’Urban Obesity – ricorda Michele Carruba, Presidente Centro di Studio e Ricerche sull’Obesità dell’Università degli studi di Milano – prende origine da uno storico documento siglato a Milano nel 1999 da tutte le società scientifiche europee che si occupavano di ricerca sull’obesità. Fu chiamato “EASO Milan Declaration”, la prima call-to-action degli esperti affinché l’obesità venisse riconosciuta come malattia e come tale trattata con le terapie più op­portune e aggiornate. A questa fece seguito, in occasione dell’EXPO 2015 di Milano, la “Carta di Milano”, che elenca i principi della nutrizione salutare, dello svi­luppo sostenibile e della sostenibilità ambientale, che allargò gli obiettivi d’azione alla luce dei grandi cambiamenti che lo stile di vita dell’Umanità stava affrontando, come ad esempio i crescenti inurbamento e urbanizzazione.»

«Già oltre vent’anni fa la comunità scientifica internazionale sottolineava il pericolo per la salute, derivante da una condizione che all’epoca, la stragrande maggioranza considerava un problema prevalentemente estetico – interviene Luca Busetto, Co-chair Obesity Management Task Force di EASO (European Association for the Study of Obesity). Invece, è dimostrato che ridurre la prevalenza dell’obesità di 1 punto percentuale può evitare da 1 a 3 milioni di casi di diabete, ipertensione arteriosa, malattie car­diovascolari e tumori tra i cittadini europei; una stima che aumenta a 2-9 milioni se la riduzione è del 5 per cento. Stiamo parlando di una malattia che riguarda il 20 e rispettivamente 23 per cento dei maschi e delle femmine in Europa, che causa nel vecchio continente 337mila decessi ogni anno e costa 70 miliardi di euro, che, infine potrebbe raggiungere entro il 2030 la drammatica soglia del 50 per cento della popolazione europea.»

Per sensibilizzare la società e soprattutto il mondo politico italiano ad affrontare con attenzione il fenomeno obesità nel nostro Paese, nel 2018 l’Italian Obesity Network (IO.NET) ha promosso il “Manifesto sull’Obe­sità”, che identifica una roadmap sulla quale agire per migliorare la qualità di vita delle persone con obesità e, l’anno successivo, la “Carta dei diritti e do­veri della persona con obesità”, che ribadisce come i diritti delle persone con obesità sono gli stessi diritti di tutti, inclusi la parità di accesso all’informazione, all’educazione terapeu­tica, al trattamento dell’obesità e alla diagnosi e cura delle sue complicanze. «Si è trattato di iniziative importanti – commenta Giuseppe Fatati, Presidente IO-NET – nel lungo percorso iniziato con la Milan Declaration, per garantire la migliore assistenza agli oltre 5 milioni di Italiani con obesità, corrispondenti al 10 per cento circa della popolazione – 9,4 per cento donne e 11,8 per cento uomini – e ai quali si aggiungono circa 800 mila bambini. Un percorso, che ha visto una delle sue pietre miliari nell’approvazione, da parte della Camera dei deputati, sempre nel 2019, di una “Mozione sull’obesità”, che im­pegna il Governo su diverse azioni per la preven­zione e la cura della malattia.»

La Mozione approvata dalla Camera prevede, tra i diversi impegni, quello di un piano nazionale che armonizzi le attività nel campo della prevenzione e della lotta all’obe­sità, il pieno accesso agli iter diagnostici per le co­morbidità, alle cure e ai trattamenti dietetico-alimentari, e, nei casi più gravi, l’accesso a centri di secondo livello per valutare approcci psicologici, farmacologici e chirurgici. «Ciascuna delle tappe che è stata ripercorsa sin qui ha ispirato l’elaborazione di un patto per affrontare le sfide correlate al­l’obesità e alla sua complessa gestione nel mondo contemporaneo, coniugato alla sostenibilità per le nostre città – spiega Andrea Lenzi, Coordinatore Open (Obesity Policy Engagement Network) Italia. Infatti, ormai sappiamo con certezza quale sia il ruolo delle città nell’aumento a livello globale dell’incidenza di malattie non trasmissibili, in particolare l’obesità e il diabete, a causa di stili di vita più sedentari e consumo di cibi non sa­lutari, ma anche quanto la particolare organizzazione della città e, più in generale, dei contesti sociali e ambientali, sia in grado di condizio­nare e modificare gli stili di vita e le aspettative dell’individuo, se opportunamente considerata nell’orientamento e nella definizione delle politiche pubbliche.»

A tutto ciò si ispira la Carta di Milano sull’Urban Obesity. «Tutti coloro che – persone o Istituzioni – hanno sottoscritto, e auspichiamo sottoscriveranno in futuro questo patto, – conclude Enzo Nisoli, Direttore Centro di Studio e Ricerche sull’Obesità dell’Università degli studi di Milano – si impegneranno a contribuire agli sforzi congiunti per rendere l’ambiente e il tessuto urbano meno obeso­geni e orientati alla qualità di vita dei soggetti con obesità, attraverso l’eliminazione di quelle barriere sociali, architettoniche, strutturali e culturali che impediscono loro una vita di fatto normale. Noi riteniamo che solo il lavoro sinergico di molte figure potrà sortire sforzi realmente innovativi e creativi che diano inizio a processi capaci di vincere le grandi sfide legate all’obesità, come l’accesso alle cure e la lotta allo stigma so­ciale, particolarmente rilevante nei contesti di elevato impatto socio-demografico e nelle grandi aree urbane e metropoli­tane.»

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