668 pazienti, provenienti da 32 Centri Ematologici diffusi su tutto il territorio nazionale, sono i protagonisti del primo Patient Journey europeo sulla Leucemia Linfatica Cronica, sviluppato a partire dal punto di vista del paziente chiamato a raccontare il suo incontro con la malattia e la sua storia.
Questa mattina a Palazzo Farrajoli si è tenuta la conferenza stampa di presentazione dei risultati del progetto “LLC: un incontro che cambia la vita”, promossa da AIL – Associazione Italiana contro leucemie, linfomi e mieloma, con il contributo non condizionante di ABBVIE.
Attraverso il racconto delle esperienze dei pazienti e del loro percorso, il Patient Journey è uno strumento ormai diffuso in medicina per esplorare l’impatto che la gestione delle malattie ha sulla vita dei pazienti e delle persone a loro vicine, dal momento della diagnosi a quello di cura. L’incidenza della Leucemia Linfatica Cronica aumenta con l’età: il 75% dei casi viene diagnosticato in pazienti con più di 60 anni. Il paziente passa dal disorientamento della diagnosi al voler conoscere quanto più possibile della malattia per capire l’impatto sulla sua quotidianità e sulla sua vita di relazione.
L’obiettivo dell’imponente lavoro è identificare le aree di criticità che necessitano di interventi migliorativi tesi a rendere i percorsi di cura più coerenti con i bisogni dei pazienti e realizzare una mappa ideale del percorso di cura.
“Il momento della diagnosi è un ricordo che rimane impresso nella mente delle persone, una cicatrice indelebile nella memoria. La malattia irrompe come uno tsunami nella “vita normale” dei pazienti e dei loro familiari. La qualità del rapporto medico-paziente è un elemento determinante sull’efficacia della terapia: la giusta informazione, nella giusta dose, al momento giusto, con rivalutazione successiva. Il tempo della comunicazione costituisce tempo di cura, come indicato dalla legge 219/17” spiega Felice Bombaci, Referente del Gruppo AIL Pazienti, che aggiunge: “Un ascolto attento dei timori e dei bisogni del malato, la capacità di dare informazioni chiare ed esaustive sulla malattia, i cambiamenti dello stile di vita da adottare, ma anche indicazioni sui progressi della ricerca scientifica e le cure disponibili, aiutano a riprendersi dalle paure iniziali, a riprogrammare la propria vita e il proprio futuro, a ridefinire l’orizzonte”.
Capire a fondo la malattia e le sue conseguenze è il primo passo per accettarla e imparare a conviverci, per questo il momento della diagnosi, delle modalità e il luogo con cui avviene e del tempo dedicato sono fondamentali. Eppure dall’indagine emerge che proprio a questo momento clou non è dedicata sufficiente attenzione: l’81% dei pazienti infatti dopo l’incontro in cui viene comunicata la diagnosi sente il bisogno di ridiscutere con il medico aspetti che sono risultati poco chiari.
“Mezzo secolo al fianco dei pazienti e a sostegno della ricerca scientifica sui tumori del sangue; 50 anni di valori, passione e impegno per migliorare la qualità di vita dei pazienti ematologici. – afferma il professor Sergio Amadori, Presidente Nazionale AIL – La promozione di questo progetto si inscrive perfettamente nell’ambito delle attività messe in campo da AIL da sempre protese al miglioramento della vita dei pazienti affetti da tumori del sangue. Quella della nostra Associazione è una grande storia fatta di tradizione e traguardi importanti, grandi successi e tanta solidarietà, ottenuti anche grazie alla collaborazione di migliaia di volontari, che rappresentano per AIL un patrimonio prezioso, all’efficace opera delle 81 sezioni provinciali diffuse su tutto il territorio nazionale, agli ematologi e ai ricercatori.”
Nel video:
- Sergio AMADORI
Presidente Nazionale AIL- Felice BOMBACI
Referente Gruppo AIL Pazienti- Paolo Prospero GHIA
Professore Università Vita-Salute San Raffaele Milano