Ancora oggi molte donne pensano di dover interrompere la gravidanza se ricevono una diagnosi di cancro durante la gestazione. Per fortuna non è così e la futura mamma non si trova di fronte ad una scelta drammatica: sacrificare il feto oppure compromettere la possibilità di essere curata in modo efficace. Oggi nella maggior parte dei casi il cancro della madre può essere curato durante la gravidanza senza danneggiare il feto, come hanno sottolineato i massimi esperti a livello nazionale e internazionale durante il congresso “Cancer in Pregnancy” che si è svolto a Milano, organizzato da Università degli Studi di Milano, Fondazione I.R.C.C.S. Cà Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano, Istituto Europeo di Oncologia di Milano e Fondazione Internazionale Menarini.
Il tumore in gravidanza non è un evento così raro come molti pensano e oltretutto è in aumento. L’evenienza di ammalarsi di tumore capita a circa una donna incinta su mille, ma poiché l’età media della gravidanza si sta sempre più spostando avanti negli anni, la casistica di associazione al tumore, prima molto rara, sta diventando invece più comune. «I tumori più frequenti in gravidanza sono quelli che registrano un picco di incidenza durante il periodo fertile della donna, soprattutto il cancro al seno, e alcuni fattori di rischio per questo tumore sono in aumento, per esempio il cambiamento nelle abitudini riproduttive, nell’allattamento, ma anche alcune abitudini di vita, legate alla dieta, al sovrappeso, forse anche alla contaminazione di alcune sostanze cancerogene» avverte Fedro Alessandro Peccatori, Unità di Fertilità e Procreazione della Divisione di Ginecologia Oncologica, Istituto Europeo di Oncologia di Milano e co-presidente deo congresso. «Sono fattori che fanno aumentare l’incidenza del tumore al seno e di conseguenza anche la probabilità nelle donne giovani di avere un tumore al seno durante la gravidanza».
Ci sono ancora tanti falsi miti attorno ai tumori in gravidanza, uno di questi è che la terapia non possa essere somministrata perché dannosa per il feto. «Iniziando la chemioterapia dal secondo trimestre i dati sulle malformazioni congenite sono del tutto rassicuranti perché il tasso di malformazione è uguale a quello della popolazione non esposta» spiega Giovanna Scarfone, U.O. di Ostetricia e Ginecologia, Fondazione I.R.C.C.S. Cà Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano e co-presidente del congresso. «Certo, bisogna avere delle accortezze nel modo in cui si somministra la chemioterapia, i dati della farmacocinetica e della farmacodinamica ci avvertono che somministrare la chemioterapia in gravidanza non è come somministrarla in una donna che non è gravida». Offrire l’appropriato supporto a una donna con tumore in gravidanza comporta la necessità di affrontare numerose problematiche non solo di carattere medico, ma anche psicologico, sociale e il team multidisciplinare che si occupa della presa in carico di queste pazienti dovrebbe ricevere una formazione specifica. «Le possibilità di cura sono sostanzialmente le stesse di quando la malattia compare in un altro momento della vita e nella maggior parte dei casi ci si può sottoporre ai trattamenti senza compromettere il lieto evento» conferma Peccatori. «L’esperienza degli ultimi anni ha insegnato che nella maggior parte dei casi è possibile garantire alla paziente le stesse opportunità di sopravvivenza di una donna non incinta, senza danneggiare il nascituro».
È vero che la chemioterapia è ben sopportata ma è anche vero che c’è un rischio maggiore di ritardo della crescita fetale e un’incidenza più alta di parti prematuri. «Si tratta di due complicanze della gravidanza non gravi, ma che necessitano di un controllo più attento. Anche per questi motivi quindi è importante davvero avere l’oncologo, l’oncologo ginecologo, l’esperto di ostetricia, di patologia perinatale» conclude Peccatori.
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