Sicurezza del paziente candidato ad intervento chirurgico e riduzione del rischio infettivo in sala operatoria: sono questi gli obiettivi principali del primo Documento di Consenso italiano sulla prevenzione perioperatoria delle infezioni delle ferite chirurgiche, per stimolare nella pratica clinica italiana l’applicazione corretta e standardizzata di tutte le misure preventive atte a ridurne l’insorgenza. Le infezioni del sito chirurgico sono infezioni post-operatorie che si verificano entro 30 giorni da una procedura chirurgica o entro un anno dall’impianto di un dispositivo permanente. Dati epidemiologici confermano che in Europa un’infezione acquisita in ospedale su cinque è una infezione delle ferite chirurgiche. In Italia il livello è sostanzialmente allineato: circa l’8% dei pazienti ospedalizzati contrae un’infezione associata alle procedure assistenziali e, di queste, il 20-22% sono infezioni del sito chirurgico. «Le infezioni delle ferite chirurgiche sono infezioni estremamente eterogenee e l’incidenza varia infatti in maniera considerevole in funzione non soltanto del tipo di intervento, ma anche in funzione delle condizioni del paziente e dell’ambiente ospedaliero. Possono insorgere sia durante che dopo il ricovero e rappresentano il secondo tipo di infezione più frequente contratta in ambito ospedaliero, dopo le infezioni delle vie respiratorie e subito prima di quelle alle vie urinarie – dichiara Nicola Petrosillo, Direttore Dipartimento Clinico e di Ricerca in Malattie Infettive, Istituto “Spallanzani”, Roma – In generale, la maggior parte delle infezioni delle ferite chirurgiche viene acquisita in sala operatoria e deriva soprattutto da fonti esogene al paziente come per esempio contaminazione di strumenti, guanti, ma possono essere anche di natura endogena quando i microorganismi che le causano sono per esempio presenti sulla cute o sulle mucose dei pazienti stessi. Una quota rilevante, circa il 60% di queste, si manifesta dopo la dimissione del paziente». Nonostante la disponibilità di Linee Guida internazionali nel campo delle infezioni post-chirurgiche, molte delle raccomandazioni in esse contenute non vengono correttamente seguite nella pratica ospedaliera italiana. Ed è proprio per far fronte a questo problema ancora irrisolto che un gruppo di esperti italiani ha delineato una serie di regole base fondamentali per ridurre il rischio infettivo post intervento chirurgico.
Seguendo le indicazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e dei Centri del Controllo e Prevenzione delle Malattie di Atlanta (CDC), il documento si articola sostanzialmente in 3 parti: il momento pre-operatorio e la preparazione del paziente all’intervento; l’intervento stesso; e infine la gestione del paziente nella fase post-operatoria. «Dal nostro punto di vista questo aspetto “sequenziale” su cui si fondano le azioni di prevenzione è fondamentale per delineare poche ma importanti raccomandazioni facili da memorizzare, da applicare e soprattutto da verificare – afferma Mauro Pittiruti, Chirurgo dell’Unità Operativa di Chirurgia di Urgenza – Fondazione Policlinico Gemelli Roma – Non esiste ancora una check list strutturata e specifica per la prevenzione delle infezioni del sito chirurgico. Consapevoli delle difficoltà oggettive riguardanti la fase applicativa, sicuramente la più complicata e strutturata, ci proponiamo con questo documento di spianare la strada per l’implementazione di queste raccomandazioni, sia dal punto di vista logistico che dal punto di vista organizzativo». Secondo alcune stime la corretta applicazione di precise misure di prevenzione potrebbe ridurre l’incidenza di infezioni fino al 70%. Le SSI sono associate a diversi fattori di rischio, alcuni più strettamente legati al paziente come l’età avanzata o la presenza di comorbidità, altri direttamente legati al tipo di intervento chirurgico.
Sono principalmente due le procedure preventive che hanno assunto maggiore rilevanza nel nostro Paese nell’ultimo decennio: la disinfezione della cute del paziente prima dell’intervento e il ricorso alla tricotomia, laddove necessaria. «È noto che la cute del paziente è una delle principali fonti di patogeni responsabili dello sviluppo di infezioni. Per questo motivo i recenti aggiornamenti delle Linee Guida internazionali, riprese nel nostro documento, sottolineano l’importanza della pratica di antisepsi cutanea mediante utilizzo routinario della clorexidina al 2% in alcool, in soluzione sterile (tanto è vero che questi prodotti sono registrati come farmaco), e ovviamente in applicatori sterili monouso, al fine di ridurre il più possibile il rischio di presenza batterica sulla cute del paziente prima dell’incisione chirurgica» spiega Mauro Pittiruti, Chirurgo dell’Unità Operativa di Chirurgia di Urgenza – Fondazione Policlinico Gemelli Roma. Un altro fattore di rischio importante è rappresentato dall’esecuzione non corretta della tricotomia (allontanamento e rimozione di peli e capelli dal sito chirurgico), una procedura che, se non correttamente eseguita, può provocare microtraumi cutanei e abrasioni favorendo la proliferazione batterica del sito chirurgico. «Questa pratica, laddove necessaria, andrebbe eseguita solo con clipper elettrici: microforbici che tagliano il pelo e non lo radono, senza toccare la cute» aggiunge Petrosillo. Oltre all’antisepsi cutanea e alla tricotomia, il documento inserisce tra i passaggi chiave da seguire in sala operatoria la necessità di: sottoporre il paziente a profilassi antibiotica entro 120 minuti dall’inizio dell’intervento, decontaminare il paziente dallo stafilococco aureo nasale, curare l’igiene del corpo del paziente con doccia pre-operatoria, oltre che il mantenimento della normotermia e un adeguato controllo glicemico del paziente in tutto il periodo peri-operatorio.
Nel video:
- Nicola PETROSILLO
Direttore Dipartimento Malattie Infettive Istituto “Spallanzani” Roma- Mauro PITTIRUTI
Chirurgo Unità di Urgenza Fondazione Policlinico Gemelli Roma