Di fronte alla pandemia di obesità e diabete, anche la SID scende in campo con un position paper sui grassi alimentari. Ecco le istruzioni per scegliere i grassi amici della salute e per evitare quelli che aumentano il rischio di diabete e di malattie cardiovascolari. Nell’immaginario collettivo, mangiare troppi dolci e consumare troppo zucchero fanno venire il diabete. Ma le cose non stanno proprio così. Un importante e ben più pericoloso fattore di rischio per lo sviluppo del diabete di tipo 2 è il consumo eccessivo di grassi con l’alimentazione.
Non a caso, obesità e diabete, sono due pandemie che procedono in parallelo e che non accennano a frenare la loro corsa.
Secondo dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), il numero di persone con diabete nel mondo è passato dai 108 milioni del 1980, ai 422 milioni del 2014.
Sul fronte dell’obesità/sovrappeso, a destare preoccupazione sono soprattutto le nuove generazioni. Un recente studio dell’Imperial College di Londra e dell’OMS ha evidenziato che nelle ultime quattro decadi il numero di bambini e adolescenti (fino a 19 anni) obesi è aumentato di ben 10 volte (dagli 11 milioni del 1975, ai 124 milioni del 2016).
L’argomento ‘grassi alimentari’ è dunque così importante che la Società Italiana di Diabetologia (SID) ha deciso di dedicare all’argomento un position paper apposito, che contiene lo stato dell’arte delle ricerche condotte a livello mondiale sull’argomento.
Perché mangiare troppi grassi può portare al diabete?
Un’esposizione cronica ad elevati livelli di acidi grassi saturi (SFA) determina disfunzione e morte delle cellule beta pancreatiche, quelle che producono insulina, e questo può favorire la comparsa del diabete di tipo 2.
Gli acidi grassi saturi sono presenti soprattutto negli alimenti di derivazione animale (carni, uova, burro, strutto). Fa eccezione il palmitato, componente principale dell’olio di palma che, pur essendo un grasso vegetale, è di fatto un grasso saturo.
Il fenomeno che porta a disfunzione e poi a morte le cellule pancreatiche per esposizione prolungata agli acidi grassi saturi è detto ‘lipotossicità’ e riguarda sia le cellule beta, produttrici di insulina, che le cellule alfa del pancreas, produttrici di glucagone.
“Quando assumiamo una quantità eccessiva di grassi con la dieta – spiega uno degli autori del position paper, la professoressa Annalisa Natalicchio, Dipartimento dell’Emergenza e dei Trapianti di Organi, Sezione di Medicina Interna, Endocrinologia, Andrologia e Malattie Metaboliche, Università degli Studi di Bari Aldo Moro, Bari – essi si trasformano in acidi grassi liberi nel sangue e raggiungono i diversi organi coinvolti nel metabolismo del glucosio, alterandone le funzioni. Così, se i livelli di acidi grassi nel sangue sono elevati e lo restano a lungo, si possono verificare danni a carico delle cellule beta e alfa pancreatiche, preziosissime perché secernono rispettivamente insulina e glucagone, due ormoni fondamentali nel mantenimento dei livelli di glicemia entro un range di normalità”.
I grassi in eccesso (in particolare i grassi saturi) possono inoltre accumularsi anche nel fegato portando ad una condizione di ‘fegato grasso’ (steatosi epatica non alcolica, NAFLD), con conseguente danneggiamento delle cellule epatiche (epato-tossicità).
La dieta induce un significativo miglioramento del danno epatico nella NAFLD se è associata ad una restrizione delle calorie giornaliere in grado di indurre un significativo calo ponderale.
Infine, un livello cronicamente elevato di acidi grassi nel sangue, può causare morte delle cellule muscolari cardiache, insulino-resistenza a livello dei tessuti periferici e alterazioni funzionali a carico delle cellule della muscolatura liscia che ricopre i vasi sanguigni.
I grassi saturi sono dunque nemici non solo dei vasi e del cuore, ma anche del pancreas e del fegato. In questo senso, la cosiddetta lipotossicità è un importante meccanismo che può condurre al diabete di tipo 2.
L’eccesso di grassi circolanti che intossica, fino ad uccidere le cellule produttrici di insulina, deriva in parte da un alimentazione scorretta, in parte da un eccesso di zuccheri nel sangue (iperglicemia), che porta ad aumentata sintesi di acidi grassi da parte dell’organismo stesso.
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