Una ricerca iniziata solo pochi anni fa è diventata un punto di riferimento mondiale per i centri di fecondazione. La scoperta, tutta italiana, che le cellule malate degli embrioni sanno correggere da soli i propri errori e dar vita a bambini sani, a patto però che siano geneticamente sani ha avuto grande eco sul New England Journal of Medicine, soprattutto perché ha portato alla nascita di otto bambini sani su venti. Era il 2014 e da allora sono stati fatti nascere centinaia di bambini, che fino a poco tempo fa sarebbero stati solo embrioni congelati e soprattutto considerati inadatti e quindi abbandonati. «Non sono gli embrioni morfologicamente normali che s’impiantano nell’utero materno, come una volta si riteneva, ma quelli geneticamente sani. Significa che tramite la diagnosi genetica preimpianta è possibile capire quali siano gli embrioni con un corredo cromosomico corretto. E se anche ci sono alterazioni morfologiche, sanno comunque risolverli da soli», afferma il Ermanno Greco, Direttore scientifico del Centro di Medicina della Riproduzione dell’European Hospital di Roma che, in collaborazione con il GENOMA Group Molecular Genetics Laboratories, ha pubblicato lo studio sul New England Journal of Medicine e ora su Fertility and Sterility. «Abbiamo concentrato le nostre ricerche sui cosiddetti embrioni ‘a mosaico’, cioè composti da cellule sane e cellule malate, che però possono dar vita a bambini perfettamente sani. Si raggiunge, infatti, il 60-70% di successo con la fecondazione in vitro rispetto al 25-30% di un tempo e soprattutto si protegge la donna sia da feti anomali sia dalle gravidanze multiple. Quindi gli embrioni con mosaicismo ma pochi problemi genetici riescono a dare più del doppio di gravidanze normali e quasi il triplo di tassi di natalità rispetto a quelli con alterazioni cromosomiche più gravi». La diagnosi genetica preimpianto è una vera e propria analisi cromosomica dell’embrione, che si rende necessaria soprattutto quando aumentano i rischi, come nel caso di età materna avanzata. Questi embrioni fino ad oggi venivano distrutti nei Paesi dove la legge lo consente, perché nessuno ne aveva scoperto le potenzialità di vita. Ma ormai tutti centri più avanzati al mondo stanno seguendo le indicazioni di questa ricerca italiana e così sono centinaia i bambini nati dopo il trasferimento di embrioni a mosaico. «La nostra ricerca, validata da pubblicazioni su riviste ad altissimo ‘impact factor’, ha avuto più scalpore all’estero che in Italia, dove la tutela della potenziale vita embrionaria è sancita da una legge» aggiunge Greco. «Abbiamo attualmente moltissimi embrioni malati per patologie genetiche crioconservati inutilmente, cioè letteralmente abbandonati in fusti sottozero, e se non si dà la possibilità di sperimentare terapie geniche o cellulari sull’embrione, aumenterà il ‘gap’ nella ricerca tra l’Italia e i molti Paesi dove c’è più libertà. Questo significa, infatti, costringere a emigrare non solo le coppie ma anche i ricercatori, che portano la propria eccellente capacità e conoscenza all’estero e difficilmente torneranno nella penisola a lavorare».
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