Le nuove sfide per sconfiggere le malattie cardiovascolari

Interessanti indicazioni dal convegno  “New frontiers to beat cardiovascular disease”, svoltosi in questi giorni a Roma. Il convegno è stato organizzato dal Professor Massimo Volpe, preside della Facoltà di Medicina e Psicologia, Università ‘La Sapienza’ di Roma, Ordinario di cardiologia e Direttore dell’Unità Operativa Complessa di Cardiologia, Ospedale Sant’Andrea di Roma, ed è promosso dalla Fondazione Internazionale Menarini.
«Il congresso ha evidenziato le nuove frontiere diagnostiche e terapeutiche che consentiranno di fare notevoli passe in avanti nei prossimi anni sulle malattie cardiovascolari» spiega Volpe. «Sono state affrontate tematiche importanti, soprattutto nell’ambito dell’insufficienza cardiaca, che rappresenta un problema sempre più emergente e a carattere epidemico, nonché una delle principali cause di spesa e ospedalizzazione del nostro Paese. È molto importante poter disporre di nuovi strumenti per poter fronteggiare l’insufficienza cardiaca. Tra i nuovi strumenti sicuramente le nuove classi di farmaci che determinano una riduzione del 20 per cento della mortalità e delle ospedalizzazioni. E poi la possibilità di risolvere in futuro cause importanti come l’insufficienza mitralica, che si manifesta nei pazienti con insufficienza cardiaca e ne complica la prognosi; l’evoluzione degli interventi chirurgici come la TAVI, per risolvere la stenosi aortica. Inoltre nuove indicazioni nell’uso di farmaci che possono interferire con la funzione dei mitocondri, che sono il “motore energetico” delle cellule, funzione che  viene meno nell’insufficienza cardiaca, rappresentano sicuramente le nuove sfide per il futuro. Guardando i progressi raggiunti dalla cardiologia negli ultimi quarant’anni, sono molto fiducioso che nei prossimi cinque anni assisteremo a un’inversione nel trend dell’insufficienza cardiaca, sia per quanto riguarda la mortalità e la morbilità, sia per quanto riguarda il carico economico che impone ai servizi sanitari nazionali».
Un altra sezione del convegno ha riguardato un aspetto particolare dell’ipertensione cardiaca, cioè la forma resistente al trattamento, ossia una pressione che continua a rimanere alta nonostante il trattamento con tre o più farmaci appartenenti a classi differenti. A preoccupare è la dimensione del fenomeno, che nella sola Europa si stima riguardi circa 10-15 milioni di persone che per gli elevati livelli pressori sono soggetti ad alto rischio. «In Italia l’ipertensione arteriosa colpisce circa il 45-50% della popolazione generale adulta ossia oltre 14 milioni di soggetti, equamente distribuiti tra maschi e femmine. Di questi circa il 5-7% è affetta da ipertensione arteriosa resistente» avverte Volpe. «L’ipertensione arteriosa non controllata è un problema di Salute Pubblica rilevante: pazienti trattati che hanno una pressione arteriosa non controllata hanno un rischio di sviluppare una complicanza cardiovascolare (infarto, ictus, insufficienza cardiaca o renale, morte) comparabile a quello dei soggetti ipertesi non trattati».

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clipSALUTE il Tg di domenica 17 settembre 2017

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