In Europa si stimano approssimativamente 3 milioni di casi di polmonite l’anno, di cui 1 milione con ricovero ospedaliero. Nel 2013 sono stati oltre 120.000 i decessi per polmonite (di cui l’86%, nella fascia di età 55-94 anni), quattro volte quelli causati dagli incidenti stradali (30.100) e quaranta volte quelli causati dall’influenza (3.154). Nello stesso anno, in Italia i decessi per polmonite sono stati oltre 9.000, quasi tre volte quelli per incidenti stradali e venti volte quelli causati dall’influenza.
Eppure, la maggioranza delle persone a rischio non si sente tale e non si informa o non si preoccupa di come prevenire la malattia, come emerge dalla ricerca PneuVUE® condotta tra novembre 2015 e febbraio 2016 da Ipsos MORI per conto di Pfizer in 9 Paesi europei tra cui l’Italia, su un campione di 9.000 adulti con almeno 50 anni di età. Gli Italiani sembrano essere tra i più informati in Europa: il 95% dichiara di sapere cosa sia la polmonite e il 90% la identifica come una infezione polmonare (totale Europa 88% e 80% rispettivamente). In realtà, il rischio percepito è particolarmente basso: un adulto anziano su due (54%) si sente solo leggermente a rischio e solo il 12% di chi ha una malattia polmonare si considera molto a rischio. È interessante notare che chi appartiene ai gruppi a rischio percepisce a rischio la categoria, ma non se stesso. Ad esempio, il 91% degli intervistati con malattie polmonari ritiene il proprio gruppo a rischio più elevato, ma solo il 12% si considera “molto a rischio”, dato, questo, che si discosta molto dalla media europea del 32%.
Inoltre, solo il 36% sa che alcune forme di polmonite possono essere contagiose e una persona su sei (16%) crede che “la polmonite non colpisce le persone sane e in forma”, percentuale maggiore tra gli over 65 e tra i soggetti ad alto rischio.
“Spesso negli adulti sani manca la consapevolezza del rischio potenziale di contrarre malattie infettive e vi è quindi l’errata percezione di non aver bisogno dei vaccini – commenta Francesco Blasi, Professore ordinario all’Università degli Studi di Milano e Responsabile dell’U.O. di Broncopneumologia presso l’IRCCS Fondazione Ospedale Maggiore Policlinico Cà Granda di Milano. “Nella realtà tutti siamo a rischio di contrarre la polmonite da pneumococco. L’età adulta è di per sé un fattore di rischio per la polmonite, e l’invecchiamento sano è il risultato anche, in alcuni casi, di scelte come la vaccinazione, per prevenire non solo l’infezione ma anche condizioni cliniche più serie a livello di complicanze e mortalità, soprattutto negli anziani.”
In linea con la media europea, il 46% degli intervistati italiani crede che “la polmonite può solo essere curata, ma non prevenuta”. Quasi tutti (91%) sostengono che “mantenersi sani e in forma” sia efficace quanto “non fumare” (91%), il 92% segue “una dieta sana” e il 53% si è sottoposto “a tutti i vaccini raccomandati”, dato che in Europa raggiunge il 68%.
”Non è vero che la polmonite può essere solo curata e non prevenuta, come indica la metà degli intervistati. Uno stile di vita corretto, che includa l’attività fisica ed escluda comportamenti dannosi come ad esempio il fumo, è senz’altro utile ma non basta. – aggiunge il Prof. Blasi – La polmonite da pneumococco è tuttora una delle principali cause di decesso per malattie infettive. Nel 2013, solo in Italia si sono registrati oltre 9.000 decessi per polmonite, quasi tre volte quelli dovuti a incidenti stradali e venti volte quelli causati dall’influenza.”
La consapevolezza sul vaccino è molto bassa in Italia: 2 persone su 3 con malattia polmonare e 8 su 10 del gruppo ad alto rischio di contrarre la polmonite non ne conoscono l’esistenza. La maggioranza del campione (86%) ritiene che i vaccini “aiutino a prevenire le malattie infettive” e uno su due dichiara che “vaccinarsi contro la polmonite” è una misura di prevenzione efficace. Eppure, solo il 4% degli adulti si è vaccinato, percentuale che “sale” al 5% tra soggetti a rischio di contrarre la malattia. Analizzando il percorso dei pazienti dalla consapevolezza sulla malattia fino alla vaccinazione, emerge che solo il 19% di chi è a conoscenza del vaccino vi si sottoporrà effettivamente.
”L’unico strumento di prevenzione primaria efficace per evitare l’infezione da pneumococco e prevenire sia lo sviluppo delle malattie sia le complicanze che il batterio può portare, è la vaccinazione. In particolare, con il vaccino coniugato si genera nel sistema immunitario un meccanismo di “allerta” pronto a reagire nel caso di infezione da pneumococco. Negli adulti è sufficiente un’unica somministrazione.“ Commenta il Dr. Michele Conversano, Past President della S.It.I. Società Italiana di Igiene e Presidente di HappyAgeing.
Il fattore trainante più comune per vaccinarsi è il suggerimento del medico (84% dei vaccinati), dato coerente con il 90% che dichiara “seguo i consigli del mio medico” per quanto riguarda la vaccinazione in generale. Tra i motivi per non vaccinarsi contro la polmonite, anche la preoccupazione per i potenziali costi (7%), dato confermato dal fatto che se il vaccino contro la polmonite fosse raccomandato dal medico e gratuito, il 47% degli adulti anziani non ancora vaccinati probabilmente vi si sottoporrebbe, comportando un aumento significativo dei livelli di vaccinazione.
“In Italia ancora non si raggiunge una copertura vaccinale adeguata nell’adulto e nell’anziano. E’ necessario che in Italia aumenti la consapevolezza del rischio di contrarre la polmonite – aggiunge il Dr. Conversano – soprattutto nella popolazione adulta e anziana. Nel nostro Paese abbiamo uno dei tassi di vaccinazione contro la polmonite più bassi in Europa: 4% rispetto a un totale del 12%.”
La polmonite segna e ha effetti peggiori di quanto ci si aspetti, i dati lo confermano: il 12% degli intervistati l’ha avuta e il 32% ha un familiare o un amico stretto che crede l’abbia avuta. Uno su due si è dichiarato sorpreso di averla contratta, dato che rafforza quello sulla percezione che si tratti di una malattia che colpisce gli altri. Oltre ad essersi rivelata “peggio o molto peggio nella realtà” per il 24%, la polmonite ha un “forte impatto negativo” sulla capacità di uscire (37%) e sulla vita sociale (18%), sulla vita lavorativa (21% degli intervistati, in particolare quelli di età 50-65anni) e sulle finanze (8%).
“La polmonite può avere un decorso molto lungo e complesso e in alcuni casi la guarigione richiede settimane anche per una persona sana. – Commenta il Prof. Blasi – Le conseguenze possono impattare anche a lungo termine sulla qualità della vita, soprattutto nei soggetti a rischio.”
Nel video:
- Francesco BLASI
Università degli Studi di Milano – Responsabile Broncopneumologia IRCCS – Fondazione Ospedale Maggiore Policlinico Cà Granda Milano- Michele CONVERSANO
Past President Società italiana di Igiene – Presidente di HappyAgeing