La Società Italiana di Reumatologia annuncia la costituzione di un gruppo di Studio sulla Medicina di Genere, coordinato dalla Prof.ssa Angela Tincani, U.O. Reumatologia e Immunologia, Spedali Civili di Brescia, che avrà il compito di indagare le differenze in termini di possibili cause, manifestazioni e risposte alle terapie, tra uomini e donne affetti da malattie reumatiche. “Il Gruppo seguirà principalmente tre filoni di ricerca: il primo riguarda la malattia di per sé con l’intento di valutare la diversa espressione delle malattie reumatiche nei due sessi e la comprensione del ruolo dei farmaci con i possibili effetti diversi sulla popolazione maschile e femminile – precisa Tincani. Il secondo indagherà l’impatto della malattia sulla pianificazione familiare, con particolare focus su quello che riguarda gli aspetti della salute al femminile, come contraccezione, gravidanza e allattamento, sessualità, menopausa; infine, ma non ultimo, si verificherà il benessere a lungo termine dei figli di genitori con malattie reumatiche, in relazione alla possibile particolare genetica ed epigenetica”.
IL RUOLO DEL GENERE PER LE MALATTIE REUMATICHE – La reumatologia conta oltre 100 tipologie diverse di patologie che, si stima, in Italia riguardino più di 5 milioni di persone, di ogni età, soprattutto donne (circa il 70%) e spesso in età fertile. Tra queste, le malattie autoimmuni hanno in genere una maggiore prevalenza nelle donne rispetto agli uomini e sono considerate tra le principali cause di disabilità per il sesso femminile. In particolare, a tale riguardo, una forte disparità di genere si osserva in alcune malattie come la sindrome di Sjogren, il Lupus Eritematoso Sistemico (LES), le malattie autoimmuni della tiroide e la sclerodermia, che presentano una frequenza 7-10 volte più elevata nelle donne rispetto agli uomini. Meno significativa, anche se sempre a svantaggio delle donne, è la prevalenza di malattie quali l’artrite reumatoide e la miastenia grave, che sono 2-3-volte più frequenti nelle donne rispetto agli uomini. Rapporto e differenze tra i due universi, quello maschile e quello femminile, che possono variare anche all’interno della stessa patologia, in base all’età: per l’artrite reumatoide il rapporto donna/uomo è pari a 3 a 1 intorno ai 50 anni, di 2 a 1 dai 55 ai 65 anni e di 1 a 3 per gli over 75. “Questo non significa, dunque, che gli uomini ne siano esenti, solo che è meno frequente che si ammalino di alcune tipologie specifiche: Morbo di Paget e Spondilite Anchilosante, ad esempio, hanno invece una maggiore prevalenza maschile e quest’ultima in un rapporto addirittura di 9 uomini per ogni donna” precisa Galeazzi.
Ci sono, infine, patologie che non mostrano particolari differenze nella loro manifestazione; è il caso della psoriasi che colpisce uomini e donne senza prevalenze legate al genere. “Molte delle patologie reumatiche, in particolare quelle autoimmuni, non differiscono tra uomini e donne solo in termini di prevalenza ma si registrano significative differenze anche per quanto riguarda la gravità dei sintomi, il decorso della malattia, la risposta alla terapia e la sopravvivenza – afferma Angela Tincani, coordinatrice del Gruppo di Studio SIR sulla Medicina di Genere – Solo in questi ultimi anni, però, è cresciuta l’attenzione verso queste differenze. E’ stato infatti riportato come, finora, la maggior parte dei trial clinici siano stati in prevalenza condotti su una popolazione maschile con un evidente sbilanciamento dei possibili risultati, alla luce di quello di cui la medicina di genere si sta occupando”.
LA SALUTE DELLA DONNA E LO STUDIO ITALIANO – Uno studio multicentrico italiano, condotto su 398 donne con malattie reumatiche (patologie del tessuto connettivo e artrite cronica) in età fertile (18-45 anni) in 24 centri distribuiti su tutto il territorio nazionale, ha indagato il livello di conoscenza e counselling rispetto alle tematiche di salute femminile più importanti come la contraccezione, la programmazione di una maternità, la gravidanza e l’allattamento. Circa il 40% delle pazienti ha dichiarato che la malattia reumatica ne ha influenzato il desiderio di maternità. I risultati hanno inoltre evidenziato un gap informativo da colmare.
“Al 31%-34% delle donne, a seconda della patologia reumatica, in fase di diagnosi e cura, non è mai stato chiesto se avessero intenzione di farsi una famiglia – precisa Angela Tincani – Questo dato è fondamentale perché ci spiega come nel rapporto con il medico ci sia ancora molto da fare, a partire dalla condivisione di informazioni fondamentali che tutti noi dovremmo affrontare fin dal momento in cui formuliamo la diagnosi di malattia reumatica a una donna in età fertile”.