Disfunzione del microcircolo coronarico, pericolosa e difficile da diagnosticare

Questi pazienti rappresentano non meno del 15-30% dei soggetti sottoposti a coronarografia per angina pectoris che risultano avere coronarie non ostruite alla coronarografia.

Donne e uomini di tutte le età con dolore al petto, ma senza ostruzioni delle coronarie. È questo l’identikit delle persone con malattia del microcircolo coronarico, una condizione che spesso precede la malattia coronarica “classica, cioè quella caratterizzata da ostruzioni aterosclerotiche dei vasi più grandi, che sono visibili alla coronarografia. L’albero vascolare coronarico è costituito da una serie di vasi relativamente di grandi dimensioni (le coronarie epicardiche) che scorrono sulla superficie del cuore; questi sono i vasi che si vedono con la coronarografia.

L’altra parte del circolo coronarico (il microcircolo) è costituita da vasi più piccoli che non sono visibili alla coronarografia e che scorrono all’interno della parete del cuore stesso. Il microcircolo è la parte della circolazione coronarica che regola l’apporto di flusso sanguigno al tessuto del cuore; il cuore, infatti, è soggetto a continui cambiamenti di lavoro (per esempio quando si fa una corsa) che richiedono un parallelo aumento del flusso sanguigno e quindi dell’apporto di ossigeno.

«Negli ultimi anni ci siamo resi conto che molti pazienti che lamentano dolori toracici (angina) tipici dell’ischemia cardiaca, non hanno ostruzioni dei vasi più grossi, ma hanno una malattia del microcircolo, che impedisce gli aggiustamenti del flusso sanguigno causando ischemia» spiega Paolo Camici, Professore ordinario di cardiologia e direttore della Scuola di specializzazione in Malattie Cardiovascolari dell’Università Vita-Salute San Raffaele. «Questa alterazione può essere svelata solo con particolari esami per lo studio del microcircolo, che sono usati in un centro specializzato per questa patologia presso il San Raffaele».

È questo uno dei temi principali del Congresso Internazionale Milan Cardiology, organizzato dall’Ospedale San Raffaele di Milano e promosso dalla Fondazione Internazionale Menarini.

«Tale disfunzione può verificarsi in pazienti con coronarie indenni ed è caratterizzata da una compromissione della capacità vasodilatatrice e un aumento della vasocostrizione del microcircolo coronarico» aggiunge Camici. «Troppo spesso gli sforzi diagnostici si fermano alla semplice documentazione dell’assenza di malattia coronarica significativa alla coronarografia, mentre in questi pazienti sarebbe utile un tentativo accurato di documentazione della funzione del microcircolo attraverso la valutazione della riserva coronarica. «La presenza di disfunzione del microcircolo, anche in assenza di ostruzioni coronariche, ha una valenza prognostica negativa e presuppone un trattamento specifico. Alterazioni della funzione e della struttura del microcircolo coronarico sono presenti in molte condizioni cliniche e ciò ha condotto al concetto di “disfunzione microvascolare coronarica”. In alcuni casi queste anormalità rappresentano importanti marcatori di rischio e possono contribuire alla patogenesi dell’ischemia miocardica, diventando così potenziali bersagli terapeutici» prosegue Camici.

«Si tratta di un riscontro frequente, che in passato pensavamo avesse una maggiore prevalenza tra le donne mentre più recentemente abbiamo dimostrato che colpisce frequentemente anche gli uomini. I pazienti con angina microvascolare rappresentano non meno del 15-30% dei soggetti sottoposti a coronarografia per sintomi anginosi e sono frequenti in ogni classe di età. Questa patologia è più frequente nei soggetti con pressione arteriosa alta (ipertensione), elevati livelli di colesterolo e diabete. Inoltre la disfunzione del microcircolo coronarico può essere presente, condizionandone la prognosi, in pazienti con cardiomiopatia ipertrofica o dilatativa. Può essere, infine, iatrogena, cioè determinata da interventi di rivascolarizzazione miocardica o da alcuni trattamenti farmacologici. Questi meccanismi fisiopatologici possono coesistere in uno stesso paziente affetto da cardiopatia ischemica o presentarsi in momenti diversi della malattia».
Le cause della disfunzione microvascolare sono solo in parte note. «In alcuni casi, per esempio nell’ipertensione e nella cardiomiopatia ipertrofica, ci possono essere delle alterazioni strutturali delle arteriole più piccole che ne riducono il lume. In altri casi, ci sono delle alterazioni puramente funzionali, come per esempio l’eccessiva vasocostrizione dell piccole arteriole che nel caso estermo può causare uno spasmo microvascolare. Ovviamente la terapia è diversa a seconda del meccanismo sottostante» aggiunge Camici.
Il trattamento dell’angina microvascolare comprende prima di tutto la correzione dei “fattori di rischio” quali l’ipercolesterolemia tramite l’uso di statine. Particolare attenzione va posta nel trattamento dell’ipertensione arteriosa, dove alcuni farmaci, quali gli ACE inibitori, a parità di riduzione della pressione arteriosa, sono più efficaci nel normalizzare la funzione del microcircolo. Esistono poi altri farmaci, quali i bloccanti del recettore alfa adrenergico, la ranolaziona e l’ivabradina, che possono essere impiegati per migliorare la disfunzione del microcircolo.

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