Due fratelli al vertice di chirurgia e anestesia

È raro che due presidenti di prestigiose società scientifiche lavorino nello stesso ospedale. Ancora più raro che i due presidenti siano anche fratelli. Succede al Monaldi di Napoli, che grazie alle competenze ma anche al gioco di squadra dei due medici di distingue come ospedale di eccellenza per la chirurgia.

Per quanto riguarda la chirurgia, le tecniche mininvasive, cioè operando attraverso piccoli fori, consentono un recupero più veloce per il paziente anche grazie alla riduzione del dolore post-operatorio.
L’anestesia generale è una delle procedure che genera più ansia nelle persone. Secondo un’ indagine condotta dalla Società degli Anestesisti Americani (ASA), una persona su quattro rimanda l’intervento chirurgico per paura dell’anestesia e una su tre afferma di aver più paura dell’anestesia che del tavolo operatorio.
Le tecniche di anestesia oggi hanno raggiunto un grande livello di sicurezza e sono sempre più cucite “su misura” del paziente e del suo intervento. Trent’anni fa noi anestesisti eravamo dei pionieri, con pochissimi farmaci e strumenti a disposizione. Oggi la postazione dell’anestesista in sala operatoria, assomiglia ai comandi di un pilota d’aereo, e consente di tenere sotto controllo tutto quello che accade al paziente con grande precisione e in tempo reale.
Tre sono le categorie di farmaci che l’anestesista utilizza per indurre una anestesia generale: 1) quelli per “addormentare” il paziente; 2) quelli per togliere il dolore; 3) i curarici, (il nome deriva da “curaro“, l’estratto vegetale usato dagli indios dell’Amazzonia per cacciare gli animali paralizzandoli) farmaci di sintesi che vengono utilizzati per rilassare la muscolatura del paziente (questi sono molto importanti soprattutto per gli interventi sul torace e sulla cavità addominale).
Fino a qualche tempo fa questi farmaci venivano somministrati in base al peso del paziente; oggi utilizziamo invece un sistema molto più sofisticato, la pompa-siringa TCI (target controlled infusion), che ci consente di somministrare la quantità esatta di farmaco per ottenere un certo effetto.
I monitoraggi BIS o AEP consentono di stabilire, registrando l’attività cerebrale, se il paziente è anestetizzato a sufficienza ed evitano così ad esempio il rischio di un sottodosaggio farmacologico che lo farebbe risvegliare durante l’ intervento. Di recente si è reso disponibile anche un altro sistema di monitoraggio, l’ ANI, che ci consente di stabilire in base alle variazioni dell’elettrocardiogramma se il paziente sente dolore. Infine possiamo effettuare il monitoraggio dello stato di “curarizzazione” del paziente, attraverso il TOF-watch.
Le condizioni del paziente dopo il risveglio da un intervento chirurgico sono fortemente influenzate da come il suo corpo abbia reagito ai farmaci utilizzati per l’anestesia, e da come sia stato in grado di espellerli. Non è dunque solo il tempo di recupero a variare da paziente a paziente, ma anche l’insorgenza/tipologia di disturbi correlati.
Un fattore molto importante è la disponibilità di “antidoti” per i vari farmaci utilizzati, in particolare per i miorilassanti steroidei che, se non completamente espulsi possono determinare difficoltà respiratorie. Fortunatamente la ricerca ha compiuto passi avanti rispetto al passato: da qualche anno esiste un farmaco di nuova generazione, sugammadex, che rappresenta l’unico antidoto immediato della curarizzazione e agisce come antagonista del rocuronio, miorilassante comunemente usato. In appena due, tre minuti consente il recupero completo della funzione muscolare e respiratoria indipendentemente dalla durata dell’anestesia e dalla quantità di miorilassante somministrato. L’alternativa è un’attesa di ore prima che il paziente recuperi la sua completa funzionalità muscolare e quindi respiratoria.
Anche a distanza di tempo dalla fine dell’intervento se l’anestesia non è stata completamente eliminata può insorgere un danno respiratorio legato alla curarizzazione residua. Forse non tutti sanno che il corpo pesante e l’incapacità di muoversi è legata al fatto che durante l’intervento chirurgico per garantire la completa immobilità – anche quella involontaria – tra i farmaci somministrati dall’anestesista ci sono anche i miorilassanti che bloccano completamente la funzione muscolare. Per questo un paziente non è in grado di respirare autonomamente e viene intubato e ventilato. Ecco perché dopo un intervento chirurgico possono presentarsi complicanze respiratorie, perché in circolo ci sono ancora quantità di miorilassanti attivi e in grado di interferire con la respirazione. Il sugammadex cattura ogni singola molecola di rocuronio, la incapsula e la rende inattiva. Così nel giro di qualche minuto la funzione muscolare riprende completamente perché non c’è più nemmeno una molecola di farmaco in azione.
Gli strumenti per rendere sempre più sicura la pratica dell’anestesia dunque ci sono tutti, purtroppo però non sono disponibili in maniera uniforme in tutti gli ospedali italiani. Il sugammadex, nonostante sia stato approvato nel nostro Paese, in molte sale operatorie non può essere utilizzato e questo perché a livello regionale o della singola struttura ospedaliera si crede che sia questa la strada per risparmiare. Ma non è così. I pazienti hanno il diritto di veder garantita la scelta anestesiologica più sicura. E per ottenere ciò l’anestesista ha il diritto di poter utilizzare i migliori strumenti a sua disposizione. E nessuno avanzi obiezioni di carattere economico: ad esempio l’utilizzo del sugammadex riduce i tempi di recupero neuromuscolare, ottimizzandone il profilo di sicurezza e il turnover di interventi in sala operatoria.
Non si può derogare alla sicurezza del paziente, in nome del risparmio. Uno dei prossimi obiettivi della Società Italiana di Anestesia Analgesia Rianimazione e Terapia Intensiva sarà dunque quello di stabilire gli standard minimi di sicurezza per l’approvvigionamento dei farmaci, dei sistemi di controllo dei diversi parametri fisiologici del paziente e degli speciali attrezzi per eseguire intubazioni difficili.

Nel video:

  • Francesco CORCIONE
    Chirurgo Ospedale Monaldi di Napoli Presidente SIC
  • Antonio CORCIONE
    Anestesista Ospedale Monaldi di Napoli Presidente SIAARTI
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