Qualità di vita e anziani: una lunga vita attiva libera dalle malattie croniche. È questo il tema principale del Simposio Internazionale dal titolo “Aging and Chronic Diseases” che si è svolto all’Aquila dal 3 al 5 settembre. Il Simposio è stato organizzato dalla Divisione di Geriatria dell’Università degli Studi dell’Aquila e dall’Istituto di Neuroscienze del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Padova, e promosso dalla Fondazione Internazionale Menarini.
L’evento, che ha ricevuto il prestigioso endorsement della European Union Geriatric Medicine Society – EUGMS – ha visto la partecipazione di esperti nazionali, statunitensi ed europei, che si sono confrontati su tematiche di grande rilevanza in geriatria: le malattie cardiovascolari e respiratorie, la demenza, il diabete, la disfunzione erettile ed i problemi nutrizionali.
«Il dieci per cento della popolazione mondiale ha più di sessant’anni d’età e l’aspettativa di vita è sempre più elevata. Questi risultati sono stati raggiunti anche grazie alla medicina, che ha trovato trattamenti efficaci contro eventi acuti, come l’infarto e l’ictus, aumentando la sopravvivenza delle persone colpite. In molti casi le malattie che un tempo erano mortali oggi sono tenute sotto controllo, come per esempio quelle cardiovascolari. La conseguenza negativa, però, è l’aumento delle malattie croniche: oggi circa l’ottanta per cento delle persone oltre i sessant’anni ha una malattia cronica e il cinquanta per cento ne ha due» spiega Giovambattista Desideri, Direttore della Divisione di Geriatria all’Università degli Studi dell’Aquila e co-presidente del simposio. Una lunga vita attiva, in cui siano evitati la disabilità e la necessità di assistenza, può essere raggiunta con un’adeguata gestione delle malattie croniche sia dal punto di vista terapeutico, sia con un corretto stile di vita che riguarda l’alimentazione, il consumo di alcolici, il fumo di sigaretta, l’attività fisica. Oltre all’impegno personale, la gestione delle persone anziane deve coinvolgere innanzitutto i sistemi sanitari.
«Secondo le statistiche delle Nazioni Unite, la popolazione europea sopra i 60 anni era di 75 milioni nel 1950, è di circa 166 milioni ora e sarà di quasi 242 milioni nel 2050» aggiunge Stefania Maggi Responsabile scientifico del Progetto Invecchiamento – Istituto di Neuroscienze, del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Padova e co-presidente del simposio. «Il Rapporto sull’invecchiamento della popolazione, recentemente reso pubblico dalle Nazioni Unite, mostra che gli europei ultrasessantenni raggiungono il 22%, il doppio della percentuale che si riscontra nel resto del mondo; 1 su 5, oltre 33 milioni di persone, ha più di 80 anni e le Nazioni Unite stimano una crescita degli ultraottantenni fino a 68 milioni entro il 2050. È chiaro che ci sia bisogno di un impegno da parte dell’Europa per sostenere e promuovere il concetto di assistenza sanitaria specializzata per gli anziani» continua Maggi.
Tra le condizioni in aumento nella popolazione anziana, gli esperti riuniti all’Aquila segnalano l’iperuricemia, cioè l’eccessiva presenza di acido urico nel sangue.
In alcuni stati, come gli Stati Uniti, i dati epidemiologici indicano una prevalenza dell’iperuricemia pari al 21 per cento
Le cause di questa rilevante diffusione vanno sostanzialmente ricercate tra le seguenti:
- modificazioni delle abitudini dietetiche
- diffusione epidemica dell’obesità
- aumento dell’aspettativa di vita
- utilizzo di diuretici ed aspirina a basse dosi che riducono l’eliminazione di acido urico con le urine
- maggior frequenza di patologie che favoriscono l’accumulo di acido urico, come l’insufficienza renale
- aumentata sopravvivenza per patologie correlate alla gotta, quali soprattutto la cardiopatia ischemica
La conseguenza più conosciuta dell’iperuricemia è la gotta. Anche se nell’immaginario collettivo la gotta viene percepita spesso come una malattia del passato, in realtà è oggi è largamente diffusa:
- colpisce l’1-2% della popolazione adulta nei paesi sviluppati
- si stima che in Italia ne sia affetto circa un milione di individui
- è la più frequente malattia articolare infiammatoria negli uomini e nelle donne dopo la menopausa.
«Oltre al ben noto legame tra elevati livelli sierici di acido urico e gotta, sempre più numerose evidenze indicano che l’iperuricemia può condurre all’insorgenza di disfunzioni cardiovascolari, renali e metaboliche, tra cui ipertensione, sindrome metabolica e diabete» avverte Desideri. «In particolare, l’analisi dei dati relativi a 5926 partecipanti statunitensi alla National Health and Nutrition Survey ha evidenziato una relazione diretta tra aumentati livelli di acido urico e mortalità cardiovascolare. Per ciascun mg/dL di aumento della concentrazione sierica di acido urico, la mortalità cardiovascolare aumenta del 9 per cento negli uomini e del 26 per cento nelle donne. Nella stessa popolazione dello studio è emerso che nelle donne con uricemia maggiore di 7 mg/dL la mortalità da cardiopatia ischemica risulta cinque volte superiore rispetto alle donne con livelli di acido urico minore di 4 mg/dL. Inoltre è stata osservata una correlazione tra la gotta e un aumentato rischio di malattia e di mortalità cardiovascolare, per cui è raccomandabile una particolare attenzione sia del controllo dei normali valori di uricemia (≤6,0 mg/dl) sia dei fattori di rischio cardiovascolari nei pazienti affetti da gotta, che sono 2 volte più a rischio rispetto ai pazienti senza gotta ad avere una malattia coronarica» prosegue Desideri.
Il processo di invecchiamento nell’uomo non è associato soltanto a patologie cardiocircolatorie. Tra le diverse condizioni che caratterizzano l’anziano, gli esperti riuniti al congresso dell’Aquila hanno segnalato anche il decremento delle funzioni immunitarie e l’incremento nella concomitanza di diverse malattie. «Tali fenomeni, quando si combinano con fattori ambientali, possono condurre a un aumento del rischio e della gravità delle malattie infettive» spiega Maggi. «Le malattie nell’adulto anziano tendono a essere più gravi e hanno un impatto maggiore su fattori di salute quali morbilità, disabilità, qualità della vita, e mortalità. Tuttavia, alcune delle più comuni infezioni quali l’influenza e l’ sono prevenibili con l’impiego dei vaccini, ma la conoscenza e l’utilizzo di queste strategie preventive sono scarse. L’aumento di prevalenza delle malattie infettive negli anziani non è da sottovalutare, perché in questa popolazione le malattie infettive tendono a essere più severe ed hanno un impatto maggiore sui fattori di salute, quali morbilità, disabilità, qualità della vita e mortalità. Per esempio, la polmonite e l’influenza sono la quarta causa più comune di morte nei soggetti di età superiore ai 65 anni, e la morte per polmonite si verifica con frequenza più che doppia in adulti anziani rispetto ad adulti giovani» conclude Maggi.
Nel video:
- Giovambattista DESIDERI
Direttore Divisione di Geriatria Università degli Studi dell’Aquila- Stefania MAGGI
Responsabile Scientifico Progetto Invecchiamento Istituto di Neuroscienze, CNR di Padova