Contro la sclerosi multipla la medicina diventa personalizzata. “Siamo davanti a una rivoluzione nel trattamento della sclerosi multipla. Grazie ai risultati conseguiti dalla ricerca, a cui gli italiani contribuiscono in maniera eccellente, possiamo oggi caratterizzare i pazienti e cercare per loro il miglior trattamento”. È questo il messaggio chiave della lectio magistralis di Giancarlo Comi, Professore Ordinario di Neurologia dell’Università Vita-Salute San Raffaele e Direttore dell’Istituto di Neurologia Sperimentale (INSPE) dell’IRCCS Ospedale San Raffaele, che ha aperto i lavori scientifici del congresso FISM 2015, che si è svolto recentemente a Roma.
La medicina personalizzata nella SM è la naturale evoluzione del trattamento precoce, e non sarebbe possibile se non avessimo accumulato una buona conoscenza dell’evoluzione della malattia, terapie di diversa potenza e diverso punto di attacco e una buona organizzazione dell’equipe medica. “Oggi infatti non solo abbiamo numerosi farmaci che agiscono in modo diverso – fondamentale per personalizzare il trattamento di una malattia complessa e diversificata come la SM – ma abbiamo anche una buona comprensione che ci permette di capire per chi funzionano e per chi no. Inoltre, disponiamo di ottimi marcatori di risonanza, di buoni marcatori di natura neurofisiologica, di discreti marcatori legati ai fluidi biologici e di informazioni cliniche che ci consentono di capire esattamente come si sta sviluppando la malattia nella singola persona. Infine, ci aiutano le tecnologie dell’informazione, che consentono di raccogliere e catalogare un numero praticamente infinito di informazioni, rendendo così disponibili quegli elementi predittivi applicabili nel contesto clinico per la singola persona”, spiega Comi. E i primi risultati dell’efficacia del processo di personalizzazione del trattamento, sui vantaggi del dare a ogni malato la sua ottimale opzione terapeutica, cominciano già a vedersi.
Lo dimostra uno studio condotto sui pazienti che si sono rivolti al San Raffaele nell’ultimo decennio. “Abbiamo fatto uno studio, per capire se l’approccio al trattamento negli ultimi anni fosse cambiato e quali effetti avesse prodotto nelle persone con SM”, spiega Comi “Abbiamo confrontato circa 700 pazienti trattati con un farmaco di prima linea tra il 2000 e il 2004 e altri 700 circa tra il 2005 e 2010”. I risultati sono stati sorprendenti: quelli trattati nella seconda metà della decade stavano nettamente meglio: la percentuale di pazienti liberi da malattia è passata dal 32% al 68% in soli cinque anni. Cosa è cambiato in così poco tempo? “Sono cambiate molte cose in così pochi anni” spiega Comi: “sono arrivati nuovi farmaci, le medicine funzionano molto meglio, e nello stesso centro stessi medici, adattando meglio le conoscenze, agendo prima, con un atteggiamento più attivo e in un’ottica di personalizzazione della medicina, tanto da raddoppiare il successo dei trattamenti”.
Questa è la strada per la forma a decorso recidivante-remittente, ma non lo è per le forme progressive. “La strategia migliore sarebbe quella di trovare strumenti che impediscano di entrare nella fase progressiva della malattia, ma nuove speranze potrebbero arrivare anche dal nuovo impiego di farmaci già in uso, magari in combinazione, dall’utilizzo di anticorpi per potenziare la mielinizzazione, dall’impiego della stimolazione magnetica per il miglioramento delle performance motorie o dal trapianto autologo di staminali mesenchimali”, aggiunge Comi.
Nel video:
- Giancarlo Comi
Neurologo Ospedale San Raffaele Milano