NON È SOLO IL COLESTEROLO L’UNICA CAUSA DELL’INFARTO

Il trattamento della cardiopatia ischemica ha ottenuto progressi significativi negli ultimi anni. Sono aumentate le conoscenze riguardanti le cause dell’arteriosclerosi e le caratteristiche della cardiopatia ischemica. Gli esperti però stanno rivedendo la gestione delle patologie cardiache, come è evidenziato dal Terzo International Summit on Ischemic Heart Diseases dal titolo “The Copernican Revolution in Ischemic Heart Diseases: the day after”, organizzato a Pisa dalla Scuola di Medicina Cardiovascolare dell’Università di Pisa e dalla Fondazione Internazionale Menarini.

La chiusura di un’arteria, provocata da un deposito di colesterolo, potrebbe non essere la causa principale di un infarto, ma soltanto la punta dell’iceberg di una malattia diffusa nel sistema circolatorio.
La stenosi, cioè la chiusura dell’arteria a causa di un deposito di colesterolo, è la punta dell’iceberg di una malattia diffusa e probabilmente soltanto uno dei fattori che possono provocare una ischemia cardiaca. L’aterosclerosi, considerata una malattia da deposito di colesterolo, è in realtà un processo infiammatorio attivo, responsabile dell’evoluzione e delle complicazioni delle lesioni arteriose.
Un intervento di rivascolarizzazione di una coronaria chiusa da una stenosi può risolvere provvisoriamente un’angina o un’ischemia, ma non è in grado di proteggere da eventi trombociti successivi e nemmeno eliminare la malattia, che non è limitata alla singola coronaria ma interessa diffusamente le arterie e il distretto microcircolatorio.

L’attuale terapia della cardiopatia ischemica è basata sul concetto che la stenosi coronarica è alla base di tutta la problematica fisiopatologica e clinica, dando luogo alle forme croniche di cardiopatia ischemica quando si tratta di una placca stabile, o determinando forme acute quando si tratta di una placca instabile. Se le cose stessero effettivamente così, la rimozione della placca dovrebbe risolvere in maniera definitiva la cardiopatia ischemica, mentre la clinica evidenzia una serie di incongruenze che rimettono profondamente in discussione il concetto della stenosi come causa principale dell’ischemia miocardica.

Nello studio Courage (Clinical Outcomes Utilizing Revascularization and Aggressive Drug Evaluation), 2287 pazienti con ischemia cardiaca stabile sono stati divisi in due gruppi, il primo trattato con rivascolarizzazione coronarica tramite angioplastica associata a terapia medica, e il secondo soltanto con terapia medica. Dopo quasi cinque anni non sono state osservate differenze tra i due gruppi nell’incidenza di mortalità totale e di infarto non fatale, per cui nei pazienti con ischemia cardiaca stabile l’aggiunta di angioplastica non apporta benefici significativi rispetto alla sola terapia medica.

Quindi, dove la terapia tradizionale non controlli la patologia, più che alla rivascolarizazione può essere utile ricorrere a trattamenti farmacologici, come la ranolazina, un inibitore della corrente lenta del sodio. La molecola consente di migliorare le capacità bioelettriche e funzionali quando l’ischemia progressivamente fa perdere capacità al cuore.

Nel video intervistati:

  • Mario Marzilli
    Professore Malattie Apparato Cardiovascolare – Università di Pisa
  • Leonardo Bolognese
    Direttore Divisione di Cardiologia  – Ospedale di Arezzo
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