Il cervello, istruzioni per l’uso

Un’avventura affascinante che viene ripercorsa in occasione della mostra BRAIN. Il cervello, istruzioni per l’uso, che si apre oggi a Milano organizzata dall’American Museum of Natural History di New York in collaborazione con Comune di Milano-Cultura, Museo di Storia Naturale di Milano, Codice. Idee per la cultura, 24 ORE Cultura – Gruppo 24 ORE, Guangdong Science Center, Guangzhou e Parque de las Ciencias, Granada: una grande esposizione di carattere internazionale che, attraverso installazioni e risorse interattive, aiuterà a rivelare, anche a un pubblico non specialistico, i meccanismi che regolano le nostre percezioni, emozioni, opinioni e sentimenti.
«Per l’Associazione Italiana Sclerosi Multipla è un’opportunità importante essere Charity Partner di questo evento che ha i confini ampi di quell’affascinante universo che è il cervello – dichiara Antonella Moretti, Direttore Generale AISM – Associazione Italiana Sclerosi Multipla – da anni l’Associazione promuove e finanzia anche la ricerca scientifica che utilizza le neuroimmagini di Risonanza Magnetica, indispensabile per diagnosticare in tempi rapidi una malattia imprevedibile ed evolutiva come la sclerosi multipla e per individuare i meccanismi che causano la degenerazione del sistema nervoso. Attraverso “BRAIN” AISM potrà sensibilizzare ampie fasce di concittadini sulla malattia, e stimolare in particolare i giovani a comprendere il valore essenziale della ricerca scientifica come strumento di libertà tanto per chi vi si impegna come per le persone con malattie neurologiche».
Alla vigilia dell’inaugurazione della mostra, neurologi e filosofi si sono confrontati per esplorare tutte le implicazioni scientifiche, mediche ed etiche della grande rivoluzione delle neuroscienze, sostenuta dal continuo sviluppo di tecnologie di imaging quali la Risonanza Magnetica e la PET. L’incontro è stato sponsorizzato da Novartis che ha contribuito alla realizzazione dell’edizione italiana della mostra.
«La mostra, arrivata in Italia grazie alla sponsorizzazione di Novartis, illustra in modo esemplare quello che sappiamo oggi sul cervello, ci aiuta a comprendere come funziona e come possiamo ‘prendercene cura’», afferma Georg Schroeckenfuchs, da pochi giorni Amministratore delegato e Country President di Novartis in Italia. «Novartis, tra le prime aziende impegnate in ambito neurologico e psichiatrico, oggi è più che mai in prima linea nello studio di terapie innovative per diverse patologie come la sclerosi multipla, che possano migliorare la gestione della malattia e la qualità di vita dei pazienti».
La sclerosi multipla, malattia degenerativa del Sistema Nervoso Centrale che in Italia colpisce circa 68.000 persone, rappresenta uno dei campi più interessanti nell’applicazione delle tecnologie di neuroimaging per conoscere e diagnosticare le malattie neurologiche. Ma anche per valutare l’efficacia delle terapie.
Le tecniche di neuroimaging permettono infatti di misurare l’impatto di nuove terapie sulla perdita di volume cerebrale o atrofia, aspetto normale del nostro invecchiamento, che nelle persone con sclerosi multipla avviene in modo da 3 a 5 volte più rapido. La perdita di volume cerebrale, che si riscontra già nelle fasi iniziali nella sclerosi multipla e continua durante il decorso della malattia, è associata a perdita di funzioni cognitive e disabilità.
«Misurando l’atrofia cerebrale in una persona colpita da sclerosi multipla possiamo sapere se una determinata terapia è più o meno efficace, ovvero se è in grado di rallentare il processo degenerativo», afferma Giancarlo Comi, Professore di Neurologia e Direttore del Dipartimento Neurologico e Istituto di Neurologia Sperimentale, Istituto Scientifico San Raffaele, Università Vita-Salute San Raffaele di Milano e Presidente della Società Italiana di Neurologia. «Si tratta di una misura oggettiva e riproducibile che ci sta dando informazioni importanti per capire la portata delle terapie innovative contro la sclerosi multipla».
Oltre allo studio delle patologie, la grande rivoluzione delle neuroscienze ha ricadute enormi sulla conoscenza degli elementi profondi che caratterizzano il cervello e ci permette di capire le stesse basi fisiologiche e psicologiche del comportamento umano.
«Le tecniche di neuroimaging, mostrandoci in concreto le basi cerebrali dei nostri comportamenti, ci permettono di superare antichi pregiudizi filosofici come la contrapposizione tra ragione ed emozione: i processi del ragionamento presuppongono in realtà la collaborazione tra aree razionali e aree emotive», afferma Michele Di Francesco, Professore ordinario di Logica e Filosofia della Scienza e Rettore dell’Istituto Universitario di Studi Superiori IUSS di Pavia. «Inoltre oggi possiamo capire il modo in cui il cervello contribuisce alle attività degli esseri umani in quanto animali sociali: i neuroni specchio, le strutture cerebrali che permettono la comprensione delle intenzioni altrui, potrebbero essere la base biologica dell’empatia tra le persone».
Ma quali sono le principali tecnologie a cui si devono le nuove conoscenze dei processi cerebrali?
«La Risonanza Magnetica, in continuo sviluppo, fornisce immagini di estrema accuratezza morfologica e, grazie all’introduzione di nuove tecniche quantitative e funzionali, è in grado di rilevare le alterazioni sia di struttura che di funzione associate alle principali malattie del Sistema Nervoso Centrale», afferma Massimo Filippi, Professore di Neurologia, Unità di Neuroimaging, Divisione di Neuroscienze IRCCS e Università Vita-Salute San Raffaele, Milano e Editor-in-Chief del Journal of Neurology.
Un’altra tecnologia, come la tomografia ad emissione di positroni (PET), basata sull’osservazione del consumo di glucosio in sistemi cerebrali specifici, permette di misurare in maniera quantitativa le alterazioni dei sistemi di neurotrasmissione associate a patologie neurologiche e può aprire addirittura la strada a diagnosticare con decenni di anticipo le malattie neurodegenerative.
«La positività dei biomarcatori, soprattutto delle alterazioni del metabolismo del cervello, ci indica con alta probabilità già in fase precoce che il soggetto potrà sviluppare una demenza», afferma Daniela Perani, Neurologo, Neuroradiologo e Professore di Neuroscienze all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano. «Ci vorranno però ancora molti anni di ricerca prima di poter intervenire terapeuticamente nella fase pre-clinica: al momento, la migliore terapia di cui disponiamo per contrastare l’insorgenza delle demenze è quella di esercitare il cervello quanto più possibile, attraverso ogni tipo di attività intellettuale, e anche con l’attività fisica che è molto utile nel migliorare la biochimica del cervello».

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